ARTE – Enzo Sciavolino

Solidi frammenti di un percorso di vita, che formano un intreccio teatrale ampio come il mondo

 

Enzo Sciavolino (Valledolmo, Palermo, 1937) è un artista che lavora primariamente per sé, ma non per una ragione d’egotismo narcisistica, lavora per sé come atto artistico fondante una capacità espressiva e di comunicazione che non vuole essere distratta da un sistema a priori. Una immersione totale in se stesso per donare poi il massimo della propria creatività, e visione della vita, agli altri. Sciavolino “usa” la sua arte, la scultura, per indagare le “differenze” della realtà “naturale”, soprattutto quella umana, per unire in un filo logico e aggregante ciò che, altrimenti, creerebbe, e spesso crea, spaccature, divisioni, incomprensioni tra i singoli esseri umani o i gruppi sociali. Le sue opere sono, alla fine, fortemente empatiche. Le “differenze” che si realizzano in “frammenti” di vita vissuta, ma anche immaginata; diventano sculture poetiche, anche fantastiche, eppure possibili nel loro tentativo di generare energie vitali e positive. Con questo non intendo affermare che nella sua opera Enzo Sciavolino trascuri il “male” del mondo, scrive Nicola Micieli: “ … l’urgenza della storia … nel corso degli anni Sessanta e Settanta, Sciavolino ha interpretato con forme linguistiche assai vicine al Teatro della crudeltà di Artaud e una logica performativa da Living Theatre …”, dimostrando, così, una consapevolezza della realtà in tutte le sue forme, che a volte, nelle sue opere, sembra perdersi nel “delizioso” dell’immagine. Un “delizioso” che penso lui adoperi soprattutto come elemento mimetico, che gli rende possibile una maggiore comunicazione della  “durezza” del vivere e dell’incapacità degli esseri umani a essere tali nell’accezione ideale (autoreferenziale) del termine; ci alletta con la bella forma per poi svelare l’orribile! Enzo Sciavolino cerca i segni significanti, simbolici e profondi dell’esistere, attraverso tagli, sinuosi o rigidi, qui si possono percepire le sue radici siciliane, dolci e spigolose al contempo, che appartengono al suo “linguaggio” artistico permeato d’una spiritualità, ampia nel suo significato, funzionale ad una comunicazione che giunge dall’antico e si riversa nel contemporaneo. Un contemporaneo che troppo spesso viene svuotato di senso da una fruizione bulimica (non solo dell’arte) dei diversi contesti della vita. L’artista, per questa ragione, compie un atto altruistico nel mettersi (quasi) a nudo, usando la sua forza interiore, per stimolare negli altri uno sguardo, ognuno rivolto alla propria interiorità, che necessariamente entri in rapporto con quella della “materia”, primariamente umana, che lo circonda. Così l’immagine scolpita diventa parola simbolica, che può estendersi ad una narrazione “storica”. Inscena luoghi dove le parole, le azioni della vita assumono connotazioni di singoli atti teatrali: le sculture diventano “attori” fermati magicamente nel tempo. Ogni sua opera “contiene” in sé, l’espressione verbale di un discorso breve che, collegandosi con le altre sue sculture, diventa, appunto, lunga narrazione. Forse, queste frammentazioni, sono la realizzazione artistica dei singoli frammenti della vita di Sciavolino stesso, uniti da un unico filo: la sua memoria. Filo che lega in modo indissolubile tantissimi altri attori che hanno più o meno affiancato l’artista nel suo percorso di vita; sono persone che, in modo simbolico, rappresentano l’intera umanità (poco importa il colore della materia lavorata, come poco importa il colore della pelle) e la sua intera storia. Le sculture di Enzo Sciavolino sono la memoria della psiche umana, comprensiva anche dei temi religiosi, nel senso più spirituale della parola.  Molte sono state le mostre che Enzo Sciavolino ha “inscenato” nella sua vita; una importantissima nel 2008, di ampio respiro storico rispetto il suo lavoro, gli è stata dedicata dalla Regione Piemonte a Torino, dove abita dal 1953, presso il Maneggio Chiablese alla Cavallerizza Reale, con testi di Tahar Ben Jelloun, Vincenzo Consolo, Yunis Tawfik, Nevio Boni e molti altri, il testo critico in catalogo è di Nicola Micieli. Impossibile dare una visione completa di tutte le sue esposizioni e citare tutti coloro che su di lui hanno scritto. Il mio invito è di visitare il suo sito: www.enzosciavolino.it 

Gianni Maria Tessari

sopra, Armonie nella Valle dell’Olmo, 2018, bronzo, cm h 250 x 150 x 100, Piazzetta Armonie nella valle dell’Olmo. Valledolmo (PA) – (Courtesy dell’amministrazione)

sotto, Il fumo, 1979, bronzo cm h 84 x 35 x 18, courtesy Galleria d’Arte Moderna della Città di Gallarate (VA) e Le ceneri di Gramsci, 1988, legno laccato e acero, plexiglass e acciaio, cm h 183 x 65 x 50, Courtesy Biblioteca Pier Paolo Pasolini, Rossignano (LI)

   

 

ancora sotto, Tesori, 1999, marmo bianco di Carrara cm h 54, Courtesy Museo Sandro Parmeggiani, Renazzo di Cento (FE) e  Mater fructuosa, 2008-2009, marmo bianco di Carrara (particolare) cm h 90 x 50 x 30 (Courtesy Nicola Micieli)

       

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