NOSTRA INTERVISTA – Arianna Ongarato

di FRANCESCO BETTIN     Ballerina con preziose collaborazioni e insegnante: “Per danzare serve la testa prima di tutto…poi il corpo: La danza è una parte della vita, non la occupa tutta”

 

Il sorriso di Arianna Ongarato si unisce a una forza interiore, a una determinazione che traspare dai suoi occhi, a un percorso vario, classico ma che ha anche abbracciato altro.“La danza è parte della mia vita, non tutta”- precisa subito, a svelare interessi che mettono al centro la persona nella sua esistenza. Tutto si somma al suo background, e al tempo stesso alla sua semplicità, senza tanti fronzoli nè chiacchiere. Aspetto di una ragazzina adolescente, Ongarato è professionista classica dalla formazione pregna, che si svela in questa intervista raccontandosi dietro le quinte, come persona oltre che ballerina. Come sono stati i tuoi inizi? Ho studiato presso la scuola di danza “Il balletto” di Castelfranco Veneto, diretta da Susanna Plaino, e alla Fondazione Morello diretta da Elisabetta Galli. Mi sono diplomata in balletto classico con la Royal Academy of Dance di Londra e poi ho iniziato a lavorare e durante il periodo di studio ho fatto diversi concorsi nazionali e internazionali. Ho vinto una borsa di studio per il Teatro alla Scala di Milano, ho fatto un periodo di formazione lì, poi la Royal Ballet a Londra e a Cannes alla Scuola Rosella Hightower.Il mio primo lavoro è stato al Teatro Regio di Parma, successivamente sono entrata nella Compagnia e all’Arena di Verona, e fatto alcune cose da freelance. Nel frattempo mi sono anche laureata al Dams di Padova e parallelamente ho iniziato a insegnare alle allieve, cosa che faccio attualmente. Qualche incontro importante dei tantissimi fatti, che ricordi con particolare piacere? Per me è stato fondamentale quello con Letizia Giuliani, etoile che ha ballato con tutti i più grandi. Con lei ho avuto la possibilità di danzare al Gran Teatre del Liceu a Barcellona, di fare “La danza delle ore” da “La Gioconda” di Ponchielli, con la coreografia di George Iancu e la regia di Pierluigi Pizzi, poi sono stata in tour in Cina con il balletto “Giselle”. Ho fatto anche “Keyhole”, un progetto di danza contemporanea di Matteo Zamperin, con cui siamo stati in Arabia Saudita. Recentemente sono tornata sul palco con “Giselle” al Teatro Municipale di Piacenza, con la coreografia di Maria Grazia Garofoli, anche lei una grandissima artista. Un percorso molto interessante… Si, anche se al di fuori dal palco ho, diciamo, un’anima molto dark. Per esempio, ascolto molto la musica rock, il punk, il metal. E proprio per unire questo mondo parallelo alla danza, con un amico musicista, il bassista Erik Mazzocca che suona nella band Shaman’s Blues, abbiamo creato un progetto che abbiamo già portato al Teatro Remondini a Bassano, all’Accademico di Castelfranco e a Piombino Dese al teatro Tommaso Moro. La band in scena suona brani dei Doors con cinque ballerine, cinque stili. E’ uno spettacolo molto bello, intitolato “A night with Jim Morrison” che vorremmo riproporre ma ci dobbiamo scontrare naturalmente con dei costi importanti. Anche parlare con le istituzioni è difficile, quindi o hai un nome trascinante, che so, un ballerino che arriva dalla TV, o fai una gran fatica. E’ un progetto che ritengo davvero molto interessate perché unisce la musica e la danza e avvicina i pubblici diversi, contrapposti. Ce lo conferma il fatto che il pubblico che l’ha visto è rimasto entusiasta. Hai anche altri progetti? Le idee ci sono. Avevo anche in mente di fare un gala della danza, visto che ci son tanti bravi ballerini in giro, anche nella zone del Veneto, ma il problema che si ripete è sempre quello di prima ,i costi. Di questi tempi, poi, è sempre più difficile. Naturalmente è un po’ frustrante quando credi in qualcosa e devi rinunciare. Il primo spettacolo citato vorremmo provare a riproporlo, ad alzare un po’ l’asticella, magari chiamando artisti ospiti, in qualche modo proveremo. Mi piacerebbe riproporre anche “Pop requiem”, un concerto di canzoni di artisti che son venuti a mancare, come Milva, De Andrè, Battisti, con coreografie di danza. Lo abbiamo già presentato, era una serata per l’AIDO, come ospiti abbiamo avuto qualche loro congiunto, come Cristiana Ciacci, la figlia di Little Tony, un altro progetto che ritengo interessante, perché certe canzoni riuniscono generazioni intere. Certo, gli anni della pandemia hanno un po’ spento l’idea di mettersi in carreggiata. Personalmente come l’hai vissuto quel periodo? Per noi del settore spettacolo passare due anni senza lavorare è stata una bella batosta, sicuramente, sotto tutti i punti di vista. Riguardo al discorso di prima, chiaro che è più facile essere scritturati, in un certo senso, che pensare di fare qualcosa in proprio. Ma non demordo, cerco di crederci e di andare avanti. Dicevi che insegni danza alle bambine e  alle ragazze. E’ una cosa che mi piace tanto fare, specialmente quando trovo riscontro d’interesse, di disciplina, di ascolto. Quando vedo qualcuno più predisposto, che potrebbe diventare professionista penso che di questi anni è, però, dura. Le compagnie sono spesso al collasso, i progetti che si trovano in giro sono saltuari, non si ha continuità lavorativa. Sono anni difficili. Andiamo all’Arianna bambina…eri anche tu una di quelle che sognava di fare davvero la ballerina? Che sogni avevi? La danza la iniziai grazie a mia madre, e di questo la ringrazierò sempre. Non è un mondo facile, fin dall’inizio, tanto è vero che qualche volta ho sentito di mollare, per poi riprendere in seguito. Credo che ci voglia una personalità molto forte per sopravvivere a certe dinamiche che si vengono a creare, è un percorso pieno di rifiuti, sconfitte, porte che si chiudono, invidie. Non sono comunque, nemmeno ora, la classica ballerina che attraverso la danza esprime se stessa, per quello mi bastano le parole. Anche perché sul palco si interpretano dei personaggi, pur mettendoci del proprio. Quella che sono io veramente è quella del quotidiano, che vive fuori dalla danza. L’arte è una specie di meditazione, quando lavori devi concentrarti e sei “quella”. Al di fuori di questo c’è un altro mondo, quello, diciamo, “vero”. Un inizio dunque quasi per caso, ma cosa volevi fare da piccola? La veterinaria, amo molto gli animali, e per questo avevo un altro progetto in mente, dove il ricavato potesse andare a qualche associazione che ne ha bisogno, ma torniamo anche qui al discorso di prima, le difficoltà che sono sempre tante da superare. Cosa, principalmente, fa intuire una predisposizione per la danza classica? Certamente bisogna avere delle determinate caratteristiche fisiche. Una struttura fisica idonea, anche se non basta da sola, ci vuole la testa. Che ti dice che quella è la cosa più importante della tua vita, che ce la farai a ogni difficoltà. Perseveranza, ecco, insieme a passione forte e alle doti fisiche. La determinazione è tutto comunque. E non parlerei nemmeno di sacrifici, perché se una cosa ti piace la fai e non sacrifichi nulla. Che visione hai della danza in Italia? Drammatica. Intanto c’è sempre il fatto che sei fai arte non vieni mai riconosciuto come professionista, ti chiedono sempre qual è il lavoro che fai veramente, e questo è triste, avvilente. In generale invece, tanti teatri importanti non hanno nemmeno il corpo di ballo, sono scelte politiche che sacrificano troppo, economicamente. E poi all’estero l’artista viene sempre visto come una persona di spessore, qui non mi sembra. Un valore sacro, per te, in questo tuo mestiere? L’umiltà, decisamente. Ma vale per ogni aspetto della vita, anche questo. Le persone che si mettono sul piedistallo, che si adulano, magari senza neanche averne il motivo, proprio non le capisco e non le sopporto. Cerco di stare assieme ai miei simili, amo anche le persone introverse, io sono così in fin dei conti.

sopra, un bel ritratto di Arianna Ongarato. – sotto, altre sue immagini mentre danza

   

 

2 commenti su “NOSTRA INTERVISTA – Arianna Ongarato”

  1. Persona che unisce l`amore della danza a quella della vita quotidiana.
    Una ragazza come dice lei introversa, ma con sani principi dai valori umili.

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