LIBRI – “Un ponte. Un crollo” di Vitaliano Trevisan

di GIUSEPPE BONAN     Una vita a ritroso in un mondo senza sconto, sempre spietata la letteratura del grande scrittore vicentino scomparso nel 2022

 

Con questo libro di 130 pagine, Il ponte. Un crollo, (Collana Stile Libero, Torino, Einaudi, 2007, pubblicato anche postumo nel 2022, sempre per Einaudi) Vitaliano Trevisan ci proietta all’interno di una vicenda a tratti oscura che mostra un protagonista in prima persona, Thomas (alter ego dell’autore), scoprire attraverso la lettura del quotidiano della città dove vive, “Il Giornale di Vicenza” [dalle pubblicazioni volentieri pluri (e)lette dall’autore] della morte del proprio cugino, denominandolo Pinocchio. Tale parentela, paradossalmente, nel tempo, in seguito a un’amicizia che tra i due, consolidata, è andata crescendo nel tempo, non si limita a un semplice legame di sangue, ma è con quest’ultimo che i due si sono marcati in un’unione che ha quasi del simbolico fino a definirsi, per l’appunto, “fratelli di sangue”. Il cugino di Thomas si spinge sempre al limite, in ogni esperienza, più pericolosa o meno che sia, non tollera l’arrivare secondo. Il primo posto dev’essere suo. L’atteggiamento del cugino si riflette nell’esperienza che Thomas ha non solo nell’accudire saltuariamente il figlio del fratello di sangue, tale Filippo, bambino sui cinque anni, il quale vede il padre come un modello che ammira. Thomas non manca di esporre a Filippo le vicissitudini vissute col padre dello stesso, suscitando in lui inevitabile curiosità. La narrazione in prima persona richiama a tratti l’esperienza della lettura di “Works”, in quanto non mancano momenti introspettivi e considerazioni lapidarie rispetto al lavoro, all’alienazione per lo stesso e al mondo del lavoro in un paese come l’Italia, se non meglio dire prettamente “in Italia”. Per non parlare della passione del protagonista per la due ruote e il proprio rifiuto per ogni tipo di omologazione. Giungendo a un certo punto della storia, viene da pensare, per associazione, d’idee o altro, a “Lo straniero” di Albert Camus. E, come per telepatia col lettore, Trevisan subito lo cita, calcando la mano su un moto d’intenti oscuro e deviato. Altro pensiero ricorrente dell’autore è quello di portarsi appresso un coltello, suscitando in sé anche attraverso lo stesso una serie di intenzioni cupe inerenti il proprio spettro familiare. In più, l’opera è pervasa da una sorta di drammaticità di fondo data dalla scomparsa (letterale) del suddetto piccolo Filippo, non facendo mancare ai personaggi più vicini a Thomas, nonché al commissario incaricato dell’indagine che ne segue, un sospetto oseremo dire elementare verso il protagonista, risultante schivo, solitario, anche “strano”. Questo apre una finestra sul tema della pedofilia e, anche se l’argomento non è approfondito a dovere (in quanto presumibilmente non è questo il contesto più adatto), tenta di lasciare Thomas in un turbine di considerazioni plausibili (anche volendo dallo stesso lettore) eppure – a ragion veduta – per lui come per noi – che in tutta onestà tifiamo per lui, assurde. L’opera si suddivide in un prologo (Avvoltoio deficiente), la narrazione principale (un tutt’uno, un blocco quasi simile a “Il male oscuro” di Giuseppe Berto, con quasi, ancora, l’assenza di capoversi e, di conseguenza, di paragrafi), e un epilogo (Avvoltoio deficiente), che richiama l’inizio e che potrebbe rivelare qualcosa come no. Lasciando forse una sorta di illusione del dubbio. Come ci ha lasciato lui stesso. Forse “Il ponte” è da considerarsi una piccola perla nella produzione di Vitaliano Trevisan, o un fiore, alla stregua del “Black Tulips” seguente, altro momento di forse più ampio respiro di questo, e tuttavia ugualmente prezioso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito è protetto da reCAPTCHA, ed è soggetto alla Privacy Policy e ai Termini di utilizzo di Google.