POESIA – Gonzalo Àlvarez García

di GIANNI MARIA TESSARI     Ritorno intorno al tempo

 

http://gonzaloalvarezgarcia.wordpress.com          Non scriverò sulla totalità del lavoro intellettuale prodotto nella sua vita da Gonzalo Àlvarez García: saggista, narratore e poeta. Lui nasce nel 1924 e la sua produzione letteraria è numerosissima. Tratterò in questo breve scritto delle poesie composte dal 2019 al 2020 e pubblicate nel 2022 nel libro intitolatoRitorno a casa edito da Siké, Leonforte (EN). Sono poesie, questo nel leggerle è stato il mio “sentire”, socio-psicologico-terapeutiche-con sussulti temporali. Senza che questo treno di parole nulla tolga alla profondità espressiva dell’impulso poetico che le sostiene. “… La vista era annebbiata, ormai, / e qualche volta scambiava / una nuvola biancastra / con vela di ritorno […] Pastore delle mandrie di Ulisse / Non servo, ma / compagno di infanzia …”, in questi pochi e parziali versi, profondamente poetici, dedicati a Eumeo, si possono trovare tutti gli elementi costitutivi il “lungo treno di parole”. Sono poesie che si allungano nei “Tempi” dell’uomo, parlando di frammenti di realtà che riflettono l’ampiezza della nostra intera vita, sia che riguardi i singoli individui, sia che appartenga all’intera Umanità. Appare l’antica Grecia, Ulisse il navigante, accanto ad attuali nostrani migranti e altri migranti che usano parole diverse dalle nostre. Giungono da terre lontane. Sono frammenti che sfiorano, o saldamente afferrano, in un gioco matematico, il particolare per il “Tutto”: così, sovente, opera la Poesia. Il suo scrivere per frammenti non rimane, pare una contraddizione, frammentato. Ogni singolo elemento poetico è legato all’altro da un “filo” interiore che li unisce in una visione dell’Universo infinito. I rimandi al “Tutto” di Àlvarez García, oltre a una sintonia con un possibile Dio, che “È” o che sia immaginato poco importa in questo contesto, diventano, anche, una non aggressiva denuncia della nostra umana incapacità di comprendere profondamente, pur attraverso piccole cose o fatti (“Si è fermato / davanti alla finestra / l’arrotino / arcaica figura / nella città moderna […]”), il fondamento del nostro divenire. Ma soprattutto mi pare sottolineino la nostra difficoltà di immergerci in una visione ampia dei particolari che formano l’insieme della nostra esistenza: paura di annegare nella consapevolezza. Non riusciamo a scorgere in modo veritiero le implicazioni che la Storia ha avuto e ha nella nostra vita. “Quaranta anni fa, / il diciotto luglio del 1936, / allo spuntar del sole, / vennero il Banchiere, / il Vescovo / e il Generale. / Caddero sulla nostra Terra / come nube / di locuste. / Con la Croce e la Spada / tracciarono solchi nel mare, nell’aria / e nelle sorgenti […] Diciotto luglio 1976! / Ancora oggi sono loro i Pastori, / noi il gregge […]”. Certo è che considerando i vari revisionismi avvenuti alla fine di ogni “battaglia”, forse è impossibile un’operazione “Verità”! Occorre anche considerare che Gonzalo Àlvarez García ha conosciuto la dittatura del generale Franco, sceglie di diventare prete, poi una crisi esistenziale, forse non solo, lo riporta allo stato laico. Insomma, ha vissuto intense variazioni di vita, della percezione della vita, ma non si è “perso”. Mi pare che il Poeta sottolinei, con alcuni suoi versi, amorevolmente e con un po’ di amarezza, quanto siamo ciechi oltre il nostro naso, anche quando sarebbe possibile, pur con un po’ di fatica, ottenere qualche “luce” in più che illumini il cammino che ci tocca percorrere. “[…] Nella vecchiaia, Figlio, / sei diventato Padre / e Madre di tuo Padre! […]”. Àlvarez García, è lui stesso un migrante, nasce a Leon in Spagna, poi si trasferisce a Milano, a Roma e infine a Palermo. Ha organizzato e diretto il Museo Storico e il Centro di documentazione dell’Alfa Romeo di Milano; oltre a opere di narrativa, ha pubblicato moltissimi saggi, alcuni dei quali  sul “Sole 24 Ore”, sul “Il Giornale di Sicilia e su “Colapesce”. Nella “biografia dell’autore” inserita nel libro, scrivono di lui Maria Patrizia Allotta e Tommaso Romano: “[…] Il suo punto di verifica resta il dubbio, che senza dogmatismi si dispiega nella ricerca, nel sogno, nel simbolo e nella volontà di conoscere, per dare senso e valore all’esistenza […]”. Per informazioni: info@sikeedizioni.it    agonzalo.alvarezgarcia9@gmail.com

 

 sopra – la copertina del libro,  sotto – alcune poesie

 

Il direttore invisibile

C’è musica

all’alba, nel deserto,

e il Direttore d’Orchestra

non si vede.

 

Il Gran Teatro del Mondo

non prevede registi

né coro né strumenti.

Soltanto il Grande Organo!

 

Ci sono modulazioni infinite

nel vento.

Qualche volta

una pioggia leggera

viene e se ne va

cantando con arcobaleni.

 

E sculture finissime

di polvere

che danzano e bisbigliano

in Si Bemolle.

E il Silenzio sonoro,

multiforme…

 

Di tanto in tanto

un Dromedario passa

animando con un andante fluido

la bruna sinfonia…

 

E, raramente,

un allegro di brezze

appena percettibili

nello spazio intermedio

tra Luna e Sole…

 

Finestra al tramonto, con nebbia

 Timidamente illuminata,

piccolo mistero di intimità,

minima stella dimenticata

nella notte con nebbia

del Nord…

 

Dentro,

sotto la luce tenue,

ogni cosa possiede

un nome familiare

e un profilo ben noto.

 

Fuori

tutti gli occhi

e le mani che incontro

sono vaghi,

appena giunti da lontano.

 

Ignoro i loro nomi

e fa freddo.

 

Paesaggio mediterraneo

 Geometrie orizzontali,

verticali, oblique,

ironiche, cordiali…

 

Turbinare di linee bianche,

verdi, azzurre, ocra,

rosse, rosa…

 

E, in mezzo,

Custode di armonie,

il colore invisibile della Realtà…

 

Maschera è il Meridione,

ruvida, levigata…

attraente, respingente…

 

severo guardiano

di profondità nascoste

sotto facile scorza.

                                                                                                                                                                                                         

 

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