POESIA – Carola Allemandi

In “Sembrava il Sole” la percezione di quello che gira attorno al Mondo. Per provare a fluire. Da Edizioni Progetto Cultura

 

Non sono un poeta e difficilmente potrò capire una poetessa o un poeta. Forse è proprio questo non capire, legato a un processo razionale, che mi aiuta nel percepire alcune emozioni e visioni ampie dell’universo interiore di chi scrive poesie. Carola Allemandi, esordiente poetessa con il suo libro di poesie “Sembrava il Sole”, dichiara nel titolo stesso la sua doppia, semplificando, percezione del mondo. Una luce che abbacina, quella del sole, che non viene più riconosciuta, o lascia dei dubbi sulla natura di ciò che l’ha emessa e allo stesso tempo diventa simbolo della sua (nostra) “precaria” percezione. Lascia dubbi su ciò che si è vissuto e sui possibili futuri. Quella di Carola è una poesia fortemente invasiva, si stende da un potenziale solipsismo a un avvolgente, quasi inevitabile rapporto con gli altri; crea il Mondo e subito lo respinge, o ne viene respinta, per poi immergersi “inesorabilmente” nel concreto. Ed è forse superfluo sapere chi lo ha “creato” ed è in questa presunzione che si inserisce il mio scritto.

Si confida in un saluto di giorno.
Le strade sono un simbolo, la gente
pure un simbolo – il mondo è altrove,
ci entriamo un’ora come un’altra soli. 

                                                                                                                       
C’è sofferenza, in questi versi. Eppure nel loro essenziale significato la poetessa enfatizza la potenzialità dell’individuo capace di creare, anche se per un tempo breve, un’ora o la nostra vita, l’incarnazione simbolica dell’eterno. La storia sta lì come un dipinto, come una fotografia. La si può leggere in tanti modi, comunque sfugge al presente e nel contempo gli offre forza. Anche la possibilità di un progetto. Quel mondo altrove, Allemandi tenta di fermarlo già da tempo, appunto, con la fotografia, con immagini ferme che penetrano il profondo del nostro essere, dove la cavernosità si fa labirinto. Un labirinto da percorrere e vivere (o rivivere) in modi potenzialmente diversi. Virtuali, forse! Ma siamo nel “contemporaneo” e la realtà funziona su piani paralleli, anche alterati. Chi può dire quale sia il più vero? Il tatto ci aiuta a percepire la materia, solo fino alla fine del nostro braccio, della nostra mano, e solo nella misura di un tempo impossibile da misurare: se ci muoviamo, perdiamo infiniti presenti.

Negli anfratti di una casa cosciente
sei tu in una veglia terrena – la pioggia
scrosciante ti dice lo stesso. Scorgi
un riflesso opaco riconoscerti
oltre ciò che vorresti: è l’aspetto
remoto del tempo che annega con te.                                                                                                                           

Un “riflesso opaco” è l’ossimoro che ci riconosce e in cui possiamo identificarci se abbiamo il coraggio di accettare il nostro essere fluttuanti, fatti come siamo di materia instabile, che è anche quella degli altri e di moltissime realtà interagenti nel nostro inconscio. La solitudine rischia di essere uno dei costi da pagare al tempo per acquistarne un po’. Con un sospiro, però, lo si può “compensare” ratealmente. Scrive Marvi del Pozzo nella prefazione al libro: “E’ una poesia che nasce già matura e originale: ci si può ritrovare o perdersi in questa sintassi strana, talora a rischio di anomalia, che tuttavia si infigge prepotentemente nel lettore con tutta la sua potenza espressiva”. Certamente Carola Allemandi possiede un dono raro, quello di usare “anomalie” sintattiche con perfetta cognizione, anche pura intuizione, nella scelta delle parole, nella loro collocazione e nella loro consecutività comunicativa. Sono anomalie che formano scissure che spiazzano, letteralmente, la nostra “abitudine” nella costruzione-sicurezza del nostro pensiero e di conseguenza della nostra visione del mondo. Fantastico che questa mia ultima considerazione sulla poesia di Carola, sia “consolidata” da alcune sue opere fotografiche raffiguranti paesaggi notturni appena illuminati da luci sospese in uno spazio che ha, quasi, perduto i propri confini. Quasi! Carola ci permette di “giocare” con la nostra capacità di affrontare il “buio” …

Di tutto hai già immaginato la fine
e nell’attesa la scelta è scomposta
tra superare l’antefatto critico
di chi siamo e svegliarsi sempre sopra
altre terre, appena aperte all’altra
vita: può essere l’ultimo capriccio,
l’analisi suprema, aprire gli occhi
e trovarsi raccolti tra le proprie
stesse mani, riaddormentarsi così.   

… con frazioni di ottimismo!

Lasciar andare la terra è cullarsi
in altri luoghi, è precipitare al di là
di noi stessi; l’aspetto soffocante
del conoscersi, il primo desiderio.   

                                                                                                                                
Carola Allemandi è nata a Torino. Nel 2020 ha pubblicato con la casa editrice Teca Edizioni, un catalogo di sue fotografie intitolato “Notturni”, con testi di Domenico Maria Papa e Ugo Castagnotto. Quest’anno il suo libro di poesie intitolato “Sembrava il Sole” è stato pubblicato dalla casa editrice Edizioni Progetto Cultura, con una prefazione di Marvi del Pozzo. per informazioni: www.progettocultura.it – info@progettocultura.it – carola.allemandi@gmail.com

Tutti i diritti sulle fotografie sono dell’autrice. I diritti sul libro sono riservati alla casa editrice                                                                                                                                                          

GIANNI MARIA TESSARI

sopra, la copertina del libro “Sembrava il Sole” di Carola Allemandi  –  qui sotto, un sua fotografia: “Notturno 015”, fotografia digitale e stampa Fine Art su carta cotone Hahnemühle, 2018 – Courtesy dell’artista

 

ancora sotto, un’altra fotografia di Carola Allemandi, “Notturno 032, fotografia digitale e stampa Fine Art su carta cotone Hahnemühle, 2019 – Courtesy dell’artista

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