SPETTACOLI – Parla il regista Paolo Giani Cei: La mia “Vedova allegra”

Il regista dell’operetta “La vedova allegra” ci parla del suo ultimo lavoro pronto al debutto a Treviso: “L’operetta? Necessario sempre puntare sull’ eleganza dandole la sua dignità”

 

sopra, e sotto l’articolo alcune immagini dello spettacolo – foto di Michele Crosera          La sua “Vedova allegra” con musiche di Franz Lehar sta per debuttare a Treviso, al teatro Mario Del Monaco, ed è un allestimento importante dove firma regia, scena, costumi, luci e coreografia dello spettacolo. Paolo Giani Cei di questo appuntamento è uno degli artefici principali, e siamo certi che, visto il lavoro svolto sullo spettacolo, il pubblico saprà gradire e apprezzare. Siamo ormai agli sgoccioli del debutto, venerdì 8 aprile alle 20 (con replica domenica 10 aprile alle 16). Lo abbiamo intervistato: Che spettacolo sarà “La vedova allegra”? Si attiene completamente all’originale o vedremo qualche invenzione registica o scenografica particolare? Il libretto è rispettato, nel senso che siamo in quei luoghi, in realtà c’è un piccolo inganno nel terzo atto, che non sarebbe da Chez Maxim, ma a casa di Hanna dove lei ha organizzato una festa che sembra Maxim, per attirare in inganno il Conte Danilo. E’ una cosa che si fa abbastanza sovente, è una specie di complotto contro il povero Danilo. Invece mi è piaciuto ambientarlo proprio in quel locale, anche perchè si parla molto di quel posto. Come scenografo mi son divertito a lavorare sul surreale, con oggetti ingigantiti, esagerati, ma non voglio anticipare troppo. E’ un po’ come avere una lente di ingrandimento. Come nasce la collaborazione con il teatro Del Monaco ? Questa è una cosa personale a cui sono molto affezionato, perchè è nata tanti anni fa, sono svariate stagioni che lavoro a Padova, a Rovigo, a Bassano del Grappa, e adesso per la prima volta a Treviso, dove sono veramente contento di debuttare. Ogni anno ho un paio di appuntamenti in Veneto e questa cosa mi fa molto piacere. Bello stare anche a Treviso ora, che so che ha una grande tradizione, e che fa delle grandi stagioni con nomi importanti. In questo allestimento lei firma molte cose, regia, scene costumi, luci e coreografia…è per sentire l’opera più sua, per una passione estrema per la “Vedova allegra” o cos’altro? E’ un atteggiamento che ho ereditato dal mio maestro Stefano Poda, è per “sentire” lo spettacolo e avere una visione unitaria, per pensare tutto allo stesso tempo come un’istantanea, e poi viene spontaneo organizzare tutto di conseguenza, diciamo. In questo momento storico mi sa dire quanto l’operetta è apprezzata a teatro? E’ un discorso molto interessante perchè l’operetta non è un genere italiano, andava molto di moda all’estero, a Trieste c’e’ stato un Festival dedicato ma non si fa più. Essendo un genere ibrido non trova mai un posto chiaro all’interno delle stagioni teatrali. E’ difficile in un certo senso inquadrarla, perchè particolare e connotata al tempo stesso, infatti è sempre stata molto agganciata alle notizie che si leggevano sui giornali perchè il pubblico doveva ridere ma anche commentare il dibattito contemporaneo, del resto mancava la televisione. E’ difficile anche farla bene, quello che penso che si può fare al giorno d’oggi, con questo straordinario pastiche che viene fuori, è darle una grande dignità e puntare sull’eleganza e su quel mondo un po’ decadente e un po’ perduto, che non possiamo più afferrare completamente, come un mondo che si allontana. Penso anche a tutte le altre forme d’operetta. Sono sempre titoli surreali che vanno letti con questa chiave, senza puntare sull’attualità, cosa che dall’operetta si è ormai allontanata. Bisogna dunque far leva sul fascino che emana? Si’, e sulla nostalgia, forse, di una leggerezza molto pesante, perchè poi c’è sempre un sottotraccia malinconico. Questo è il suo fascino, che l’opera paludata ha in un modo diverso perchè o è buffa o seria. Peccato non vederla come diceva lei prima. nelle stagioni teatrali, che potrebbero essere più variegate. Certo, anche se sconta il fatto che pur essendo un genere leggero è molto complicato da fare, sia per l’orchestra che per il cast, che deve preparare un repertorio a parte. E’ complessa logisticamente, se si vuole farla bene, e su di essa non si spende facilmente, e quindi è bene da parte nostra non perdere mai l’allenamento. Come mai la scelta de “La vedova allegra”? In questo caso era un po’ che pensavamo a come fare un’edizione che coniugasse un certo aspetto estetico con l’aspetto ludico, divertente, che non può mancare. Abbiam voluto puntare su questa sintesi, fra eleganza e forma estetica, che spero di essere riuscito a realizzare sul palcoscenico. E’ un titolo giusto per un momento giusto per ripartire, dopo gli ultimi due anni, con scene aggiunte, ospiti, cammei: sarà un bel momento di teatro. Per portare i giovani a teatro, all’operetta, c’è qualche strategia? I ragazzi giovani quando ricevono una sorpresa rimangono sempre a bocca aperta, quindi bisogna dar loro una scarica di energia pura, di fresco, senza andare per forza alla ricerca dei linguaggi che li interessino perchè sono talmente fuori da ogni schema, basta incuriosirli. La chiave per sorprenderli è dargli qualcosa che non vedono in televisione, nè su YouTube, nè sulle loro playlist. Bisogna farli sognare, fargli capire che esiste un altro mondo, qualcosa che loro non si aspettano. Se si cerca invece di adeguarsi ai loro codici la partita è già perduta in partenza, con Netflix non si può competere. La forza del teatro è dare qualcosa che per strada non si trova. In partenza, dunque, incuriosirli per farli andare “dentro”  le sale. Certo, infatti la politica dei teatri che è sempre più diffusa, dovrebbe essere quella di creare un sotterfugio, poi di cento che cadono, diciamo in questa trappola, magari ne abboccano dieci, venti. Attirarli a prescindere. Vedo che qui a Treviso il teatro è attivo da questo punto di vista, e mi fa piacere, c’è coinvolgimento di giovani. Dopo Treviso il percorso dello spettacolo come continua? Sono previste delle date a Padova, andremo in scena a dicembre. Il suo percorso da regista, i suoi progetti futuri? E’ molto intenso fino a dicembre, sono riprogrammati tutti i titoli saltati per il Covid e quindi tutte le date si sovrappongono e appena finisco qui torno a Torino (città natale, ndr) dove andremo in scena con una “Turandot”. Poi si riparte subito appunto fino alla fine dell’anno. Torniamo a “La vedova allegra”. La forza principale, assoluta dello spettacolo qual è? Secondo me è l’equilibrio, e vale per tutti  gli  spettacoli nostri: farli bene, ricchi, senza farli pacchiani, divertenti ma senza strafare. Io penso di aver messo tutte le mie energie cercando di bilanciare tutte le pulsioni che possono andare da una parte e dall’altra, e allo stesso tempo di aver dato qualcosa di dinamico e di nuovo. Non c’è niente di peggio di vedere una “Vedova allegra” come se ne son fatte tante, con un’energia stanca in cui si vedono soltanto i vecchi clichè. Se un gruppo di giovani vede uno spettacolo vecchio, polveroso, non torna più l’investimento fatto su di loro. In due parole, come convinciamo chi ci legge a venire a teatro a vederla? Qual è il suo invito personale? Penso che bisogna sempre buttarsi, alla fine la curiosità paga sempre. Uscire di casa, usare una serata in una maniera se vogliamo diversa. Ogni volta che si apre il sipario alla fine ne vale sempre la pena. Bisogna darsi il lusso di un piccolo viaggio e si entra in una nuova dimensione che se si cerca, paga. Il grande pubblico, non quello dei melomani o degli addetti ai lavori, ma gli altri, può solo rimaner estasiato dal lavoro che si offre, senza amplificazione, artifizi, che è complesso dal punto di vista musicale dove una buca con 50 musicisti deve reagire assieme ad altri 10 o 12 artisti sul palcoscenico che cantano, coordinati, senza i compromessi tecnologici della televisione. I nostri artisti compiono uno sforzo immenso per essere perfettamente intonati e a tempo, senza nessuna possibilità di errore. Quando di scopre tutto questo si rimane davvero a bocca aperta.

INTERVISTA DI FRANCESCO BETTIN

sotto, altre immagini dello spettacolo che debutta a Treviso l’8 aprile, al teatro Mario Del Monaco

Photo ©Michele Crosera
Photo ©Michele Crosera

 

 

 

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