POESIA -Aldo Gerbino

La poesia di Gerbino, un “posare mattoni” continuo 

 

Parlare di Aldo Gerbino, e della sua poesia, non è cosa semplice. Nasce a Milano da genitori siciliani che fanno ritorno in Sicilia nei primi anni della sua vita. Gli appartiene una struttura di pensiero narrativo e poetico “classica”, frutto della sua personale formazione culturale e delle influenze di una terra, la Sicilia, così legata alla spiritualità della Grecia antica; è poeta, narratore, saggista e critico d’arte “colto”, definizione questa che rischia di posizionarlo in una prospettiva deviante, nel senso che troppo spesso l’uso “inutilmente elaborato”, d’effetto, della parola, rende solo “difficile e sterile” la lettura di un testo, narrativo, saggistico o poetico che sia. Nel caso della poesia però, e quella di Gerbino ne è parte, il discorso è più complesso: la capacità introspettiva e di successiva traduzione della propria interiorità affiancate allo studio della parola che “soddisfi” quel “mondo profondo” e la comunicazione della stessa a se stessi e ad altri da noi che la possano apprezzare e “usare”, non è “regolarizzabile” se non in “superficie”. Ho letto le poesie di Gerbino, ricavandone la percezione di una persona colta da cui non deriva una “posa”, sua e delle sue parole, funzionale solo a una elaborata ma superficiale “fotografia” di pensiero! Il suo è un “posare mattoni”, le parole appunto, per costruire una “casa poetica” contemporanea che appoggi su fondamenta solidamente antiche. Il suo essere poeta è anche fortemente radicato nella realtà, lo sottolinea il fatto che Gerbino sia stato Ordinario di Istologia ed Embriologia dell’Università di Palermo ed Emerito della Società Italiana di Biologia Sperimentale; è critico d’Arte (ha scritto saggi su: Guccione, Levi, Guttuso, Attardi e moltissimi altri, l’elenco sarebbe lunghissimo) ed è responsabile della ‘Quadreria Mediterranea’ dello ‘Steri’, sede del Rettorato dell’Ateneo palermitano. Scrive e de-scrive una poesia strutturata sul contemporaneo ma che si articola su elementi, simbolici e verbali, d’un passato che è “vita” presente, sia che riguardi i suoi sentimenti sia che riguardi la materia della quotidianità. Una poesia che è spesso articolata in una dimensione sospesa, che la rende visione non sempre facilmente afferrabile, in conseguenza dei suoi molti “intrecci” e riferimenti a persone, avvenimenti, dimensioni e tempi non “lineari”. Occorre fare “fatica” per cogliere nelle sue parole quei significati profondi che in altro modo o non sarebbero descrivibili o perderebbero la loro potenza. Aldo Gerbino dice come il suo scrivere sia legato: “[…] soprattutto alla percezione netta e indissolubile d’un sentire una grecità ‘genetica’ che non vuol essere una pedissequa coazione a ripetere, ma, come tramanda Ghiannis Ritsos proprio con le sue “Ripetizioni”, un’ermeneutica della realtà: un esautorare radici del passato e profondarle nel presente dotandole di una forte aspirazione ad allacciare i segnali, spesso distanti, col futuro. […]”.
Ecco come la terra, la carne e lo studio hanno formato l’uomo-poeta. Carnalità e spiritualità per Fausta Bonaveri sono fatte della stessa “materia”; Gerbino, invece, così le definisce: “Nessuna dicotomia tra i due termini: l’una compenetra l’altra. La biologia, come vuole Edgar Morin, deve essere travasata nella cultura, nella mente, in quel sistema organico di spirituale astrazione che è essa stessa esistenza”. Non sono divise, dunque, ma differenti si compenetrano attraverso un “lavoro” mentale e fisico. Una sottile differenza, tra i due pensieri, che porta Aldo Gerbino a sviluppare una forma poetica, sia nella struttura che nella parola, forse più “rigida”, perché frutto di una urgenza evocativa ed emozionale ma anche di un controllo sulla parola vissuta, che può diventare strumento per una “didattica delle emozioni”. Un “azzardo” interpretativo, il mio. Sicuramente non va inteso come un “limite” della poesia di Gerbino, ma anzi riconosce la sua acuta capacità di sintesi tra i vari aspetti che la compongono: una spiritualità profonda, antica e moderna, uno studio della parola altamente significante, un pensiero visivo con una molteplice capacità prospettica e una interazione con la cultura sociale e scientifica ugualmente importanti. Tra le sue moltissime pubblicazioni vanno ricordate: “WASF – Luoghi, figure, oreficeria in versi”, Ed. Sciascia; “Gessi”, Ed. Scheiwiller, 1999; “Il nuotatore incerto” Ed. Sciascia, 2002; “Comete mercuriali, piume. Taccuino poetico (2007/2015)”, Ed. Algra; “Forse diventerai più bella? Versi d’amore e di virtù”, Ed. Plumelia. Autore per la RAI de Il tempo della terra, 1985. Sue poesie sono state lette in RTF, RADIO Uno-Zapping, RADIO Due.
Per ulteriori informazioni: aldogerbino@tiscali.it

Gianni Maria Tessari

 

SALA ANATOMICA
Foglie, rami in ombra sui vetri
disciolti sul corpo verdastro
d’una luce ampia, mortale.
Dai contenitori: gli occhi,
la piramide del naso;
fragili fiamme, acquose,
lo struggente anello delle labbra.
La mano di un fanciullo
stretta (spirituale e penoso artiglio)
quasi in un saluto al miele

 

CIRCO DI FRANCIA
Chiede l’uomo, con frammentato accento francese,
il suo scontrino della lotteria, la sua speranza.
Un’armonica fa capolino dalla tasca scrucita,
un cagnolino segue i suoi passi,
ma è la morte che danza alle sue note stentate
nessuina pubblicitaria “ninfa gentile”
cancella quel liquore triste dagli occhi.

 

Cos’ è accaduto alla tua anima?
Saggio per cordofoni
Pleuston
[Dalla raccolta inedita Dove non desidero andare]
[ ……………………. ]
Cos’ è accaduto alla tua anima?
Per una foto di Seferis
Anche un’anima
se vuole conoscere se stessa
ad un’anima deve guardare
[Giorgos Seferis, da Argonauti,1935]

Sì, cos’è accaduto alla tua anima quando hai attraversato
il cuore incupito di Maalula, tra rovine e roccia, tra occhi
folgorati da antri serpiginosi, fungine oscurità, uterini fragori,
luce abbagliata e solitaria? C’è un dio che agita il mondo,
sommuove le ultime acque della pangea, riscalda i venti,
alimenta odio e amore con irte poesie, con vetrose parole.
Palermo, 2018

 

Lezione di anatomia
Rembrandt alla maniera di Sanguineti
Mortal cosa son io,
fattura humana
[ Iacopo Badoer (1602-1654),
da Il ritorno di Ulisse in patria]
al connaisseur turista, / che si degusta, oggi,
con gli occhi spalancati, il mio arto guasto
[ Edoardo Sanguineti, da Rembrandt van Rijn,
in Plumelia, Palermo 2005]
Certo di Aris Kindt il “notorio criminale”
fieramente giustiziato si offre
– nel piatto del consumo – corpo e fitta grandine
di pupille, tocco del ferro, girandole di merletti
all’ombra del cappelluto Nicolaes Tulp. Fuoco mortale
e algore di delitto nel rutilante teatro anatomico:
timbro arido d’ossa e valvole ileo-cecali. Dal carillon
del tempo sporge l’umanissima gloria della concimaia.

sopra, Palermo 2018,  un ritratto dell’artista –  sotto, due libri di Aldo Gerbino 

         

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