MUSICA – Intervista ai Maddox

Parla Marco Ferrara, il leader della band veneziana. Il prossimo 11 dicembre esce “Lifegram”, secondo album

 

I Maddox sono un gruppo musicale hard rock metal della provincia di Venezia composto da 5 membri: Luigi Favero e Matteo Barbiero alle chitarre, Mattia Banzato alla batteria, Filippo Zattin al basso, Marco Ferrara alla voce. Abbiamo incontrato quest’ultimo in occasione della prossima uscita del secondo lavoro in studio per la band. Con un primo album all’attivo e qualche live nella regione, l’ultimo dei quali al Factory in quel di San Martino Buon Albergo (VR), i Maddox sono in procinto di pubblicare la loro seconda opera, “Lifegram”, per la Volcano Records & Promotion.Capaci di proporre un genere che si rifà al meglio dell’hard rock degli anni settanta e ottanta, come di produrre pure ballad di un certo spessore (“Lips of an Angel”, contenuta nel primo album, “Strife”, ne è l’esempio), il gruppo, immaginiamo, avrà risentito del recente lockdown dovuto a ciò che tutti conosciamo, in cui gli eventi dal vivo erano per forza di cose banditi. Sperando in un ritorno al più presto alla normalità, siamo andati a trovare, come detto poco fa, il leader dei Maddox, Marco Ferrara, per anticipare, per quanto possibile, alcune caratteristiche del lavoro che uscirà l’11 dicembre 2020. Per prima cosa avete nel tempo cambiato formazione del gruppo per necessità o per altro motivo o è sempre rimasta la formazione originaria? La domanda è più complicata di quello che sembra in realtà… Nel corso degli anni la band è rimasta per i tre quinti la stessa: io, “Jijo” (Luigi) e “Barby” (Matteo), i due chitarristi… suoniamo insieme ormai da sempre e abbiamo fondato la band. Al basso invece si sono avvicendati tre musicisti diversi: Davide “Zampie”, Samuele e Pippo (Filippo), l’ attuale bassista ormai da tre anni. La situazione invece alla batteria è stata alquanto curiosa, infatti “Tia” (Mattia) l’attuale batterista ha co-fondato la band assieme a me, Barby, Jijo e Zampie, ma, mettiamola così, si è preso un periodo sabbatico, attratto dai piaceri carnali dovuti a relazioni amorose complicate… “Strife” e “Lifegram” stesso, infatti, vedono alla batteria Giacomo Biasion che ha lasciato la band ad incisioni concluse. Mattia è tornato con noi da un anno, ritrovando la retta via. Avevate già in cantiere questo atteso secondo album prima del lockdown di marzo/aprile e in che maniera, se sì o no, vi siete destreggiati nel portarlo a termine? In realtà basso e batteria sono stati registrati nel lontano Giugno 2019 al NoShoes Studio, dove abbiamo inciso il nostro primo album. Il resto del lavoro è stato concluso a Febbraio 2020 al Drop C Studio, quindi possiamo dire che per una volta siamo riusciti nell’intento di programmare la promozione per tempo. Tutto questo sarebbe stato molto bello se il mondo non avesse deciso di fermarsi a causa del Covid. In ogni caso, durante il Lockdown abbiamo lavorato alla sceneggiatura di due videoclip che usciranno da qui a breve. Il precedente album, “Strife”, si contraddistingue per la propria originalità, tuttavia, ai primi ascolti dello stesso, ho notato echi (led)zeppeliniani e passaggi alla Alice Cooper… Questo “Lifegram” è stato ispirato da qualche artista in particolare? Partiamo dal presupposto che i nostri gusti musicali sono alquanto eterogenei, quindi se devo dirti la sincera verità, le nostre influenze non sono del tutto chiare nemmeno a noi. Quello che posso raccontarti è che in questo album abbiamo ricercato sonorità ancora più moderne, inserendo accenni di synth e qualche suono che strizza l’occhio alla musica elettronica moderna.  Adoro entrambi gli artisti che hai citato, sono tra i miei artisti “classici” che preferisco. Siamo curiosi di ascoltare il vostro prossimo lavoro. Ci sono, nel panorama musicale hard rock odierno, secondo voi, gruppi che meritano di essere seguiti senza se e senza ma, o è meglio mantenere l’attenzione sui classici del (recente) “passato”? Adoro le grandi band del passato, tuttavia non mi reputo nostalgico, anzi. Tendenzialmente tendo ad ascoltare band contemporanee. Capiamoci bene, ho quintali di dischi e vinili alquanto datati, ma non disdegno, anzi, cerco di farlo per quanto mi è possibile, di ascoltare lavori di band attuali. Credo che a oggi, grazie a internet, sia possibile ascoltare musica di estremo valore “scovando” band validissime ma che non calcano la scena mainstream. Inoltre frequento molto anche l’ambiente underground locale e posso garantirti che siamo letteralmente circondati da band di valore assoluto magari non valorizzate come meriterebbero. Credo che i grandi del passato “debbano” essere ascoltati, ma che la musica, come tutte le forme d’arte, sia in continua evoluzione e sia profondamente legata al contesto sociale che la circonda. Mi piace pensare che ogni “tempo” abbia la sua colonna sonora, diciamo. Penso che sia necessario ricordare la musica del passato, vivere quella del presente e creare quella del futuro. Non è così frequente imbattersi in ensemble che propongono musica propria, specie nei locali in cui è possibile realizzare dei concerti dal vivo. Tuttavia, con tutto il rispetto per i gruppi tributo, tra i quali ce ne sono di fedelissimo calibro, la musica propria è indiscutibilmente una proposta dal valore aggiunto di tutto rispetto. Pensate anche voi che – covid-19 permettendo – i locali in genere optino per tribute band per andare, diciamo, sul sicuro, in termini di pubblico e quindi di introiti? Non ho la verità in tasca, tuttavia posso darti la mia modestissima opinione. Credo che i locali in genere facciano il loro lavoro, sono attività commerciali in fondo, quindi non ci vedo nulla di male nel ricercare un fatturato sicuro, per quanto possa essere sicuro un guadagno nella ristorazione al giorno d’oggi. Penso che non ci sia nessun conflitto tra tribute band e band inedite. Sono semplicemente proposte diverse. Se da una parte la tribute band può vantare un seguito maggiore sfruttando la scia di notorietà lasciata dall’artista a cui si ispira è anche vero che una band originale è unica in quanto tale. Quindi mi piace pensare che sia semplicemente una questione legata alla tipologia di direzione artistica che il locale stesso voglia dare, o al tipo di servizio che vuole fornire alla propria clientela. Non credo molto in questa rivalità tra musicisti, anzi penso che se tutti passassero più tempo nel pensare al “cosa gli altri fanno meglio di me”, anziché criticare mettendosi in competizione, probabilmente ci sarebbero più spazi e pubblico per tutti. Tornando a noi, il video di Awakening, contenuta nel primo album, è potente, melodico e carismatico allo stesso tempo. Il brano rappresenta un biglietto da visita a tutto tondo per la vostra band. Anche per questo “Lifegram” c’è in serbo un singolo “apripista” con annesso video uscente in questi giorni, Strange Ceiling. Dei prossimi due singoli ci puoi anticipare qualcosa? Strange Ceiling è stato solo l’inizio… per rompere il ghiaccio. I due singoli che seguiranno saranno accompagnati da due video ufficiali. Senza svelarti troppo, posso accennarti che la storia si svilupperà attraverso entrambi i video, creando una sorta di unico filone narrativo. Lo sviluppo della parte visiva e scenografica è stata ambiziosa e perciò ci siamo affidati alla collaborazione di professionisti nonché amici di vecchia data. In primis il batterista dei Teodasia, nonché regista di entrambi i video, Francesco Gozzo, accompagnato nello sviluppo creativo da Riccardo Benetti. Il tutto condito da uno staff tecnico di tutto rispetto che ha visto tra gli altri Luca “Sciukka” Perin (Rumatera) e Ciprian Turutea. Quindi preparatevi…i prossimi video saranno una “cannonata”. Da non perdere, mi sento di dire. I dati al cospetto dei fan, al momento, promettono bene… L’album si prospetta dotato di una carica anche se magari non proprio positiva però ricca di energia e pure concettualmente. Invitiamo i lettori di Olimpiainscena ad andare a vedere il video in cui esponi le caratteristiche del brano sulla vostra pagina Facebook Maddox Band. Il video in questione fa parte di un altro passo promozionale che consiste nel lanciare sui social una rubrica, “Lyrics pills” che spiega senza mezzi termini alcuni aspetti della produzione del nuovo lavoro. In particolare nella prima puntata si evince che il singolo Strange Ceiling si presenta come un crocevia tra l’album precedente e quello di prossima uscita. Si raccomanda ulteriormente di allacciare le cinture, nel senso quindi che il viaggio è in corso? Si, il nuovo lavoro, a dispetto del precedente, non possiamo definirlo un concept album in senso stretto, tuttavia anch’esso può essere considerato una sorta di percorso. I Lyrics Pills vogliono semplicemente dare la nostra interpretazione dei brani o quantomeno quello che avevamo in testa quando li abbiamo scritti. Non credo che nella musica o nell’arte in generale esista un’unica interpretazione: mi piace pensare che la “giusta” interpretazione sia quella in cui ognuno di noi si rispecchia, in quanto la musica non può essere spiegata o insegnata a parole ma va provata sulla propria pelle. Qualsiasi sia la tua interpretazione, anche se diversa da quella dell’autore stesso, è da considerarsi valida per te. Si prospetta l’uscita di tre singoli in tutto per cui le aspettative non saranno sicuramente deluse dai fan. Le prospettive inoltre anticipano che il nuovo disco consiste anche nel posizionare un occhio critico nei confronti della società odierna, improntata oltretutto sul consumismo fine a se stesso che pone in secondo piano la serenità della persone. Immagino ci sia dell’altro… Ci puoi anticipare qualcosa? Volentieri: le due tematiche affrontate nei due singoli che usciranno sono appunto collegate come lo saranno appunto le vicende di Federica, la protagonista di entrambi i video… Peccato, ho svelato che ci sarà una protagonista femminile questa volta. Ad ogni modo, come dicevo, volevamo creare una sorta di realtà distopica, in realtà nemmeno così lontana dal mondo attuale, marcando le due facce della stessa medaglia che ne scaturiscono naturalmente: condizionamento sociale e omologazione volontaria del singolo. Il primo singolo Indulgence of Life, infatti, vuole essere un grido di denuncia a quanto la società di “mercato” condizioni la vita dei singoli, privandoli anche dei loro sogni, se fuori budget. Il secondo singolo invece, Lifegram, title track dell’album, tratta l’impatto dei social network sulle nostre vite e di quanto plasmino la nostra realtà e il modo di percepire il mondo che ci circonda. Riassumendolo in una frase direi che il pezzo vuole far riflettere le persone sul dilemma “Condividiamo momenti alla ricerca di emozioni o plasmiamo le nostre vite alla ricerca di like.” Interessantissimo, direi. Nasce prima la musica, gli accordi, o le parole? Nel nostro caso nasce quasi sempre prima la musica che viene tassativamente creata “insieme” in sala prove. Diciamo che magari è possibile che una persona scriva la maggior parte della musica di un brano, tuttavia il risultato finale spesso è frutto della collaborazione di tutti. Per quanto riguarda invece testi e melodie vocali solitamente me ne occupo io, tuttavia in “Lifegram” ci sono due brani in cui sia la melodia vocale che il testo è stato scritto da Filippo. Ovviamente anche in questo caso però ci siamo confrontati nella stesura. Ti dirò che siamo molto legati tra noi, facciamo quasi tutto assieme nella vita, quindi cerchiamo di portare questa nostra alchimia anche nella fase compositiva e nella nostra musica. L’avvenire si prospetta, per l’appunto, in divenire. Progetti futuri? Non ci fermiamo mai. Stiamo già lavorando a nuovi brani per lavori futuri, ne abbiamo già qualcuno in cantiere. Visto le aspettative poco rosee in termini di live, non escludo la possibilità di tornare in studio a fine 2021… budget permettendo.

Giuseppe Bonan

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