VISTO DA NOI – “Libera nos a malo”, il reading sul mondo di Meneghello

La vita nel paese e il senso incrociato del dialetto/lingua con la comunità Ecco Meneghello letto da Teatris e diretto da Maurizio Panici

 

Metti un tardi pomeriggio, a Marostica, di una giornata particolarmente adeguata, un clima perfetto, sole pieno e leggera brezza: metti ancora un appuntamento di quelli da non mancare,  un reading curato dal regista Maurizio Panici sulla scrittura di Luigi Meneghello e soprattutto del suo “Libera nos a malo”, capolavoro del 1963, forbito di sensi incrociati e profondità di analisi e pensiero, sulla propria terra e sui suoi abitanti, la sua lingua, il dialetto appunto. Quel dialetto che a distanza di pochi chilometri cambia, che viene raccontato con grande maestria dallo scrittore veneto. Metti tutto questo, fatta di una lettura a più voci cadenzate, sornione, limpide e scorrevoli, ecco che avviene non dico un miracolo ma certamente una piccola magia, quella di riuscire a riunire nel Giardino della Biblioteca Civica ” Pietro Regazzoni” di Marostica un’altra piccola comunità, attenta e silenziosamente rapita da quegli accadimenti, e da quei personaggi, che chiamano a gran voce espressioni popolari, richiami, gioia di vivere anche se con poco o nulla. E’ il mondo di Meneghello, di quel “Libera nos a malo” che appunto gioca sul finale del titolo con il proprio paese, Malo, medio vicentino, quotidianità che scorre tranquilla, e che comunque si interroga sul passato e sul presente che sarà futuro. La guerra alle spalle, il dopoguerra incombente, e gli interrogativi che si palesano. L’omaggio a Meneghello di Maurizio Panici, nel centenario della nascita (anche lui come PPP, Pasolini) è profondo e al tempo stesso delicato, sa di erba fresca, di campagna ora città e cemento, ma un tempo irta di difficoltà, con un mondo da costruire davanti senza forse neanche saperlo. Con lui quattro attori dell’Associazione Teatris, ovvero Michela Dellai, Francesca Scomparin, Fabrizio Bernar e Denis Dalla Palma, quattro dicitori che non han potuto non scontrarsi con quel mondo di allora, proprio grazie agli scavi verbali dell’autore che con questo testo, il primo scritto, ma anche con quelli a seguire usa ironia sferzante, sulla politica e sulla religione ma anche sul proprio stato di uomini e donne alle prese con una civiltà del dopoguerra rinata ma in attesa di una nuova, surclassante e incredibile nuova era, che porterà al consumismo, alla modernità più estesa e ampliata con conseguenza di questo. Meneghello è audace e arguto, e nelle pieghe delle letture di Teatris, oltre che nella bella introduzione di Liliana Contin, ad aprire “quel” mondo, si intravedono sottili e meravigliose espressioni caratteriali, di vita propria e di comunità che stra tra l’agricolo e il cittadino. E’ una vita espressa in vari modi, da vari personaggi  colorati e sublimati e con vari epiteti, puri . Un testo, un libro che rimane ancor oggi un forte simbolo della letteratura del Novecento, riportato a noi con una grazia e un’assoluta dedizione da parte organizzativa (merito che va in questo caso alla Biblioteca “Pietro Ragazzoni”), a chi ha curato l’appuntamento, il regista Maurizio Panici, e ai suoi dicitori di Teatris. Chi ha avuto torto sono stati gli assenti, come si dice in questi casi, e se c’è da meditare, meditiamo. Lasciar perdere per strada elementi pregnanti di cultura delle nostre radici, del nostro essere è un vero delitto. Lasciamo stare che tutto scorre, quel che conta è saper guardare al passato sapendo che fa parte di noi e del futuro che arriverà. Del resto, è lo stesso Meneghello a dircelo: “Ci sono due strati nella personalità di un uomo: sopra, le ferite superficiali, in italiano, in francese, in latino; sotto, le ferite antiche che rimarginandosi hanno fatto queste croste delle parole in dialetto”. Il passato andato è il presente e il futuro, ricordiamocelo.

sopra, e qui sotto, alcune immagini del reading su “Libera nos a malo” di Luigi Meneghello

       

     

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