NOSTRA INTERVISTA – Iaia Forte

L’attrice in questi giorni a Thiene con “Mine vaganti” insieme a Francesco Pannofino. “Una bella commedia e un invito a riflettere sulle diversità, che sono occasioni”. “Tornerò anche a fare Tony Pagoda in teatro”

 

sopra, l’attrice con Francesco Pannofino in “Mine vaganti” , foto di Romolo Eucalitto          Il nome di Iaia Forte è legato a film e spettacoli di grande raffinatezza, il suo essere attrice è sinonimo di grande versatilità su tutti i fronti. Formatasi con Toni Servillo, Mario Martone, Carlo Cecchi, dopo essersi diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia, Iaia Forte è una di quelle attrici che non ci si stanca mai di vedere, che porta con sè una recitazione fluida, attenta, misurata, di grande scuola. Forte di una cinematografia di rilievo, che vanta un bel sodalizio con Pappi Corsicato (e poi Marco Ferreri, Nichetti, Mario Martone, Renato De Maria, Salemme, e più recentemente Sorrentino, Valeria Golino, Igort), è stata anche una delle interpreti del film Premio Oscar “La grande bellezza”. Anche in teatro e in televisione molti i suoi punti di forza, dove ha saputo dimostrare l’innato talento, e lucide interpretazioni,  sul piccolo schermo a partire dalla “Tv delle ragazze”, ad “Avanzi”, alla serie “Vivi e lascia vivere”, ancora con Corsicato, mentre sui palcoscenici teatrali è stata ideale interprete in numerosi spettacoli, la serie di “Tony Pagoda” (con le sue regie), “Come stelle nel buio” con Isabella Ferrari, “Promessi sposi alla prova” (regia di Tiezzi), “Molly B”, “Tartufo”, l'”Amleto”, “Le nozze”, “Sik Sik” con Cecchi e moltissimi altri premiati da critica e pubblico. La incontriamo a Thiene, dove in questi giorni sta presentando “Mine vaganti”, insieme a Francesco Pannofino e Simona Marchini, testo e regia di Ferzan Ozpetek, un evento teatrale di grande importanza, in scena al Comunale l’1, 2 e 3 febbraio. Partiamo dagli inizi, Iaia, hai iniziato con Teatri Uniti e Toni Servillo, dopo il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia: Ci fai un ritratto di quegli anni, di quel clima culturale? Rispetto a quello che viviamo oggi era un po’ diverso, erano anni in cui si dava molto valore al gruppo, alla forza dello stare assieme, cosa un po’ scomparsa. Per quanto riguarda Teatri Uniti, tutti, dagli attori ai tecnici, allo scenografo eccetera, dovevano avere una coscienza artistica personale e intervenire nei lavori che si facevano non soltanto con la specifica professionalità ma con l’apporto creativo proprio. Cosa che sviluppa per chi partecipa a questi gruppi non solo una competenza specifica professionale ma l’idea di poter essere attivi in senso creativo, immaginativo. Ora si va un po’ di più sulle competenze professionali, ci sono divisioni più nette. Credo che tutte le grandi trasformazioni, anche le grandi esperienze specialmente per quel che riguarda il teatro nascono sempre dai gruppi, da quell’energia. Parliamo ora di cinema. Da diverso tempo abbiamo anche in Italia una serie di registi interessanti, bravissimi, come Garrone, Sorrentino, Martone, Guadagnino tanto per fare dei nomi. Può essere questa una rinascita dopo l’avvento dei grandi maestri del passato, Monicelli, Fellini, Antonioni, Rosi? Io lo spero, a parte queste grandi individualità che tu hai citato che sono certezze. E’ scomparso un certo tipo di cinema sperimentale, e chi produce un cinema che non sia soltanto un prodotto, ma che sia una cinematografia non dico d’arte ma che comunque si pone il fatto di non essere solo intrattenimento ed evasione. Dare uno sguardo e riflettere sul contemporaneo, osare su territori inesplorati. Purtroppo da quando è intervenuta così massicciamente la televisione a produrre il cinema gli stessi prodotti su cui vengono investiti dei soldi sono spesso più orientati a essere prodotti di intrattenimento e basta. Secondo me quindi ci sono meno espressioni libere e quello è un problema del nostro cinema perchè come abbiamo visto con Garrone e Sorrentino è proprio quel cinema, quello che osa di più espressivamente in questa piccolissima industria che è l’Italia, a essere esportabile. Andrebbero incoraggiati i giovani che vogliono fare dei progetti non conformisti e questo da parte dei produttori, degli enti di produzione avviene più raramente. E la televisione, quella intelligente di “Avanzi”, ad esempio (varietà degli anni 90, al quale Iaia ha partecipato, con Serena Dandini, Corrado Guzzanti, Cinzia Leone e altri, ndr) pensi che non si possa più fare, visto quello che vediamo oggi sul piccolo schermo? Penso che sia più difficile perchè quelle esperienze nascevano da un grande direttore di rete che era Angelo Guglielmi, che non era solo un uomo colto ma aveva anche una posizione politica rispetto alla televisione pubblica molto precisa, che riteneva che la stessa dovesse fare un servizio anche pubblico, appunto, anche rispetto all’intrattenimento, ecco perchè si vedeva un certo tipo di satira. E erano tempi quelli, in cui la televisione non era solo un contenitore della pubblicità. Ora ho l’impressione che tutto viene fatto in funzione degli sponsor, che ormai dettano legge. Oltretutto, a dire il vero, personamente guardo molto poco la televisione italiana, ignoro in un certo senso anche quello che propone, sono più una fruitrice di dvd, tendo sempre a guardare cose che ho voglia di guardare desiderandole e quindi, scegliendomele. Trovo che Stefano Coletta è un grande dirigente di rete, che ora dirige Rai Uno ,ma quella è un tv talmente populista che lì è difficile fare entrare progetti un po’ diversi da quelli che si vedono. Pensiamo non solo poi a programmi come Avanzi ma anche a Blob, Fuori orario, che per fortuna sono esperienze che resistono, ci sono. Quante cose abbiamo scoperto grazie a Enrico Ghezzi e la sua squadra? Io che sono appassionata di cinema aspettavo le ore più tardi della sera o della notte per vedere cose che altrimenti mai avrei potuto vedere, certi film di Reiner Werner Fassbinder ,ad esempio, che è uno dei miei registi preferiti (e qui, scoprendoci gli stessi gusti  ci scambiamo alcuni titoli e pareri su dei film del grande regista tedesco), del quale ho letto la biografia da pochissimo. Lo adoro. Questo stato pandemico che sembra non terminare mai ha condizionato, e parzialmente lo fa anche ora, l’operato dello spettacolo. Come tutti spero che questa storia termini presto, e che i fermi che son stati necessari permettano di ripensare meglio alla legge sul teatro. Abbiamo una classe dirigente che non solo ignora ma in realtà sembra avere poca consapevolezza di quanto il teatro sia una delle espressioni più alte della cultura e della civiltà di un paese. Mi senti molto pessimista ma ritengo che ci vorrebbero altre persone. Ho visto un bellissimo documentario su Rai 5 su Paolo Grassi: ecco, ci vorrebbe una mente come la sua, lui che è stato l’inventore con Giorgio Strehler del Piccolo Teatro. Una mente appassionata, razionale, con un rapporto sia di grande conoscenza verso il mezzo teatrale, dell’economia, che di consapevolezza che il teatro è l’espressione di un popolo, di un paese e quindi va tutelata, come l’acqua e come tutte le espressioni più preziose, va protetta e stimolata. Questa era una cosa che Grassi aveva e che in Italia è un po’ assente. Iaia, cosa possiamo augurare a questo nostro Paese, l’Italia, già abbastanza martoriato su vari settori? Ci vorrebbe Padre Pio (ride). E’ un momento molto difficile, è talmente tutto complicato, l’economia è così massacrata, ci sono stati tanti morti per il Covid, è un pessimo momento storico. Io mi auguro che ritorni una classe dirigente politica non solo impiegatizia ma anche appassionata vera, proprio col senso della polis, della politica reale, più forte. E quindi che questo paese possa ripartire non soltanto dal punto di vista culturale, che è quello che conosco meglio, mi è più specifico, ma economico, turistico, un luogo che dia sempre maggior valore alla sue bellezze perchè siamo pur sempre il Paese più bello del mondo. Dovremmo avere un maggior orgoglio e dare un maggior valore alle nostre bellezze. E a proposito di bellezza, cosa si prova a esser parte della squadra di un film Oscar come “La grande bellezza”, un capolavoro assoluto? La cosa strana è che fin da quando sei piccolo si pensa all’Oscar come una dimensione estranea, no? Aver partecipato a un film che ne ha vinto uno è come aver sognato una cosa che è sempre sembrata irrealizzabile e che invece, improvvisamente, accade. Quando lessi la sceneggiatura di Sorrentino pensai subito che sarebbe stato un bellissimo film. Sono amica sua da tantissimi anni, anche lui gravitava attorno a Teatri Uniti, questo lo dico per far capire poi come sono importanti, appunto, i gruppi, quanto influiscono, anche, nel determinare i desideri di giovani artisti, e di lui ho sempre pensato che fosse un uomo…rinascimentale. Sa fare tutto, scrive benissimo, dirige ottimamente, nel privato sa fare benissimo anche la pizza, e gioca magnificamente a carte, insomma è proprio una persona molto interessante. Nonostante ciò, pur avendo trovato la sceneggiatura davvero molto bella, mai avrei pensato che quel film sarebbe arrivato addirittura all’Oscar. Sei stata una magnifica protagonista come Tony Pagoda, proprio diretta da Sorrentino in “Hanno tutti ragione”, spettacolo tratto dal suo romanzo, e negli altri, sempre con le tue regie. Potremmo rivederlo, Tony,  prima o poi? Certo, a teatro lo si potrà rivedere, nel frattempo l’ho registrato mesi fa per la piattaforma del “Fatto Quotidiano”, TV Loft, e lì si può vedere ora. E’ uno spettacolo che mi ha dato un sacco di soddisfazioni, con cui ho girato il mondo, New York, Detroit, Pechino, Shangai, Parigi, Londra, che ha avuto delle recensioni meravigliose e per me, che sono proprio un’attrice votata al trasformismo poter fare quest’uomo così maschiaccio mi ha divertito da morire. Ma lo riprenderò di sicuro anche a teatro. Intanto sei qui a Thiene, ora, e in tournèe con “Mine vaganti”, tratto dal film omonimo di Ferzan Ozpetek, con Francesco Pannofino e Simona Marchini. Cosa ci dici di questo? E’ uno spettacolo molto felice, in un momento come questo dove siamo ancora limitati dal Covid è un vero conforto vedere una risposta così’ dal pubblico. Pensa che siamo sold-out dovunque, è qualcosa che ti ristruttura psicologicamente, e tutto ciò non fa che bene al teatro. Sono un po’ stanca ma felicissima, abbiamo viaggiato di notte, veniamo da Barletta, ma ora eccoci qui a Thiene. Contenta dunque di portare in scena “Mine vaganti”. Sì, io mi diverto perchè non ho avuto nella vita tante possibilità di fare commedie per cui per me è una bellissima occasione, di viverlo in pieno questo clima, ed essendo un’attrice che ama muoversi in generi diversi è per me proprio bello, quindi sono grata a Ferzan Ozpetek di avermi dato questa possibilità. Inoltre c’è la gioia di vedere dopo tempi bui tanto pubblico che è proprio riconoscente, lo dico senza alcuna retorica. E’ una grande restituzione, proprio. Chi è che ha avuto fiuto nel capire l’importanza di questa operazione?  Certamente proprio lui, Ferzan Ozpetek e Marco Balsamo (produttore di Nuovo Teatro), sono stati molto intelligenti a proporre  la versione teatrale di quell’ottimo film, e che anche in questa versione in palcoscenico ha ritrovato la stessa felicità. La cosa bella di questo spettacolo, che è declinato in forma di commedia per cui c’è un gioco immediato degli attori in quel verso, è anche il fatto che è un grande campo di riflessione sulla “diversità”, in qualche maniera è anche il racconto di come tutte le forme di diversità sono un’occasione. In questo caso è incarnata non solo dall’omosessualità dei personaggi ma anche dal desiderio di uno dei figli di essere scrittore, di seguire una propria vocazione non conforme, non comune. E’ uno spettacolo che contemporaneamente ti dà un immediato godimento e felicità, di incontro col pubblico, ma anche la possibilità di riflettere su come le diversità vanno colte. E’ sempre bello che lo si faccia in una forma così intelligente e popolare contemporaneamente. A proposito del tuo personaggio, la moglie di Cantone, la mamma dei ragazzi…E’ una tipica madre del Sud, per cui ha quell’aspetto un po’ virile, un po’ come i personaggi eduardiani, che adoro perchè non hanno nessuna svenevolezza femminile, piuttosto invece hanno un forte io energetico. E poi fa molto ridere, nelle dinamiche personali e in quelle di relazione col marito, coi figli. Proprio una madre con quella forza, quella protettività verso i figli, tipica del Meridione. Questa donna soffre per la situazione o asseconda il marito? In qualche maniera è destabilizzata, comunque per educazione borghese e tradizionalista, però poi aiuta anche il marito ad accogliere questa confessione del figlio, per riaccoglierlo in casa capendo che non c’è nulla di strano nè di condannevole nell’esprimere la propria sessualità in una forma diversa. Anche lo spettatore poi fa un processo attraverso le figure della madre e del padre, ha naturalmente un meccanismo identificativo nello spiazzamento rispetto a una rivelazione di non conformità e all’accogliere questa non convenzionalità, non conformità. Com’è andata con Ferzan Ozpetek? Molto bene, devo dire che è un vero piacere  lavorare con lui perchè ha prima di tutto un intuito formidabile, per cui capisce i meccanismi della scena, nonostante è la prima volta che fa teatro. Ha avuto subito la capacità di capire i meccanismi, che sono come quelli delle strutture eduardiane. Parlo di Eduardo perchè è il riferimento per noi italiani più, diciamo, vitale rispetto a una drammaturgia contemporanea, che contempla contemporaneamente la commedia, i momenti di emotività più forti. Ozpetek ha una capacità di muovere gli attori sia facendoli divertire che facendo loro affrontare i momenti in cui c’è bisogno emotivamente di spingere di più la zona emotiva.E’ un bravissimo direttore d’attori, un bravissimo orchestratore della commedia umana. Ritorni a Thiene dopo qualche anno…Sono felicissima di ritornare qui, adoro Thiene, la trovo divina. Mi piace tantissimo, i suoi negozi stupendi, la trovo un amore, anche quando sono venuta le scorse volte mi sono sempre trovata benissimo, è un luogo civile, che ama veramente il teatro. Grazie Iaia, ci vediamo a teatro allora. “Mine vaganti” dopo Thiene sarà in tournée fino a maggio 2022, toccando diverse città tra cui Firenze, Milano, Napoli, e Mestre. La produzione è Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana.

INTERVISTA DI FRANCESCOBETTIN

sotto, altri momenti di “Mine vaganti” – foto di Romolo Eucalitto

   

 

sotto, un bel ritratto dell’attrice

 

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