ARTE – Paola Volpato

La natura vicino/lontana di Paola Volpato

 

Paola Volpato lavora da sempre attorno ai temi della natura e delle questioni di genere e in quest’ultimo ciclo di opere, segnate dalle restrizioni dovute alla pandemia di Covid-19, l’artista è senz’altro arrivata a un incontro ancora più ravvicinato con queste varie fonti generative raggiungendo ulteriori spunti di riflessione. “Quando parlo di “Natura” – dice l’artista – intendo occuparmi di quella che mi è più vicina e, come ho iniziato a fare con il
ciclo delle tre istallazioni intitolate “Abor”, tento di guardare “attraverso la Natura” per intercettare una prospettiva che ci sposti dalla mera visione antropocentrica. ” L’autrice, con la sua opera coniugata in più segmenti, pare volerci indicare la preziosità delle zone umide, dei paesaggi agresti, delle aree boschive, dei percorsi fluviali che ancora sopravvivono sul nostro territorio, e vuole indicarceli non solo come reperti di un passato nostalgico, ma come elementi costitutivi della nostra cultura profonda, vero habitat in cui l’umanità deve ritrovarsi. Ai margini di una città che avanza per colpa della cementificazione selvaggia del territorio agreste e che continua a distaccare gli esseri umani dal “vivente”: una Natura residuale, pur intralciata da infiniti manufatti antropici, porta in sé una vita parallela, pulsante, inaspettata. E proprio frequentando queste zone di confine sono nati i disegni della serie Pan: ben più di duecento realizzati durante i vari periodi di lockdown. Sono disegni in cui il mondo vegetale prende il sopravvento. Le opere stesse sono realizzate utilizzando erbe, foglie, rami che costituiscono la filigrana di fossi,
viottoli, bordi di campi. E questi “paesaggi” sembrano poter accogliere solo animali o silhouette di bimbi che giocano, che guardano… una infanzia capace di entrare in simbiosi con l’incanto della natura, o anziane contadine che si fanno tutt’uno con quel paesaggio. Nella bella cornice del Palazzo della Loggia l’artista trasforma le sale in stanze/mondi in un alternarsi e contrapporsi di incanto e disincanto, di contemplazione e azione. Così, nella
prima stanza, su di una parete di sei metri, si mostra una grande tela dove sono tratteggiati a china scene da un paesaggio antropizzato, ma da sotto emergono squarci dei disegni della serie Pan, finestre che aprono a disegni colorati, gioiosi, in totale contrasto con la parte sovrastante dell’opera: una realtà su cui irrompe la poesia. In un’altra sala una istallazione audio-video proietta su tre pareti i disegni del ciclo Pan, creando una visione immersiva e coinvolgente dell’opera. La sala successiva espone una tela con la predominanza del colore grigio, Venus, dove una giovane donna entra in un’acqua piena di riflessi, mentre sullo sfondo si intravedono i resti di una città. Il grigio avvolge, il grigio vela. Attorno a questa tela sono disposti altri quadri che ne ingrandiscono i dettagli – come un avvicinamento, una atomizzazione di quel paesaggio. In definitiva una sala di passaggio e di sospensione. Nella sala maggiore il protagonista è il “Fiume M.”. Gli scorci degli alvei, le curve del fiume, le alberature non sono trattati semplicemente come degli sfondi, dei contesti in cui accade qualcosa, quanto invece come i soggetti reali della narrazione: è come se la natura prendesse vita e ci raccontasse dei segreti. E sono spazi
di confine tra la sfera personale e quella pubblica, tra ciò che viene modellato dall’artista e ciò che viene invece gestito dalla città, dagli amministratori, dal mercato, dalla natura o anche dalla casualità. Per la realizzazione delle opere Paola Volpato ricorre a dei veri e propri campionamenti che avvengono soprattutto fotografando o con spunti tratti da Google Earth o con riprese da drone. Un’opera in quattro parti su zinco riproduce il profilo di un’ansa del fiume che ambiguamente si mostra, quando la luce è radente, o si nega, quando invece la superficie riflette, con modularità metalliche, il segno che indica il confine tra più “campi” di colore. Nelle altre pareti corre una istallazione a collage tridimensionale di foto su forex, disegni a china, stampe su lastre tipografiche che registrano i cambiamenti, le espansioni, i movimenti della città intorno al fiume. Una foto ricostruisce il vuoto dei cento alberi da poco sradicati da un lembo del fiume. Diviene, tutto sommato, una denuncia, un grido di dolore. E voci registrate in questi luoghi di contadini anziani “che ricordano” si intrecciano a questi frammenti di realtà che assiste al lento annullamento della memoria e all’identità dei luoghi. In questo modo si svela il rapporto conflittuale e contraddittorio con la dimensione antropica e i principi del suo sviluppo. Paesaggi, dunque, come spazi di confine tra intimo e pubblico dove ogni cosa è collegata e dove il proprio paesaggio è la risorsa principale da cui ripartire per un diverso modo di stare al mondo. Ulteriori approfondimenti sulle pagine di “Juliet art magazine” e sul sito juliet-artmagazine.com – Dal 23 ott al 7 nov 2021, Paola Volpato “Natura vicina”, a cura
di Riccardo Caldura, Palazzo della Loggia, piazza Castello, Noale (VE). Tel. 041 440805 cultura@comune.noale.ve.it

FABIO FABRIS

sopra, “Pan n 10” 2020, acrilico su carta, 36 x 30 cm, collezione Michela Orecchia – qui sotto,  “Pan X 39” 2020, acrilico su carta, 27 x 21 cm, collezione Andrea Bucciarelli e “Pan X 22” 2020, acrilico su carta, 37 x 31cm, collezione Simonetta Busulini

     

 

sotto, “Pan B” 2020, acrilico su carta, 37 x 31 cm, collezione Simonetta Bellina

ancora sotto, “Venus (When all the time had leaked)” 2019, acrilico su tela, 110 x 90 cm, collezione Licia Cusinato e “Pan A 33” 2020, acrilico su carta, 27 x 21cm, collezione Nicoletta Bertolin

       

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