POESIA – Rimbaud e Bonaveri, uno due

Breve conversazione su Arthur Rimbaud tra Fausta
Bonaveri e Gianni Maria Tessari : “Io è un altro

 

G.M.T. – Arthur Rimbaud, vivendo e rivelando mondi, lascia la poesia cedendo a una realtà che si dipana in visioni d’infinito, di più infiniti. Si veste con una realtà poeticamente “cruda”. Le sue parole assumono contorni fluidi, polivalenti, i significati delle stesse si muovono da un tempo all’altro, da uno spazio all’altro: “Je est un autre”; è riconoscersi, forse non sempre, dentro i mille potenziali specchi di Alice, quella del paese delle
meraviglie, che per Rimbaud, sono spesso orrori. Parlare di lui con Fausta Bonaveri è parlare con una persona, una scrittrice e artista, che lo ha amato e che lo ama in una dimensione, propria di uno speciale amore, che non ha spazio/tempo, o meglio, ne possiede uno così particolare che non è definibile: lo si trova ai limiti della “follia”.
F.B. – Vuoi che ti parli di Arthur Rimbaud. Il mio compagno di viaggio oltre l’infinito. Una entità misteriosa brilla per la sua assenza ed è tuttavia la presenza di tutta la mia vita. Ricordo, nella notte straparlavo e sognavo un Angelo Rinnegato, un Angelo Rivoluzionario, un fanciullo a muso duro. Il suo nome: Arturo. Lo lessi: ”Sappiamo donare ogni giorno tutta intera la nostra vita. Questo è il tempo degli assassini”. Come non amare questo Angelo Ribelle. Poeta veggente. A bordo di un battello ebbro, mi cullava, navigava: mi trovai coinvolta sull’onda di un viaggio mentre una piccola barca di carta procedeva tra emozioni e cupi incanti.
G.M.T. – Lui si è impregnato d’Africa e, “sostanzialmente”, lì muore (anche se la sua morte effettiva avviene a Marsiglia). Tu nasci in Africa, in un luogo distante da quelli frequentati da A.R. eppure, tra i vostri luoghi è come se avvenisse una “sintesi”: diventano lo stesso “punto nell’universo”. Scrive Rimbaud : “Ho teso corde da campanile a campanile; ghirlande da finestra a finestra; catene d’oro da stella a stella, e danzo. – … Quale strega sta per alzarsi sul bianco cielo di ponente? …”. Per un gioco astrale, tu sei la potenziale strega nata in uno spazio unito a infiniti altri spazi con fili fatti di “nulla”, eppure così pesanti e resistenti. Forse, il vostro, è un rapporto karmico.
F.B. – Trovai un Accesso Remoto che mi legò a lui. Sento le sue parole, sono le mie: abuso di me, ribalto gli occhi, guardo me stesso contemporaneamente io è il poeta. La visita delle visioni cancellava chi ero io, “io è un altro” e l’ha scritto A.R.; avevo difficoltà a riconoscermi sono l’altro di A.R. e l’aura di Rimbaud, una Astrale Rivelazione.
G.M.T. – Come ritorna in te l’acronimo A.R.: è Arthur Rimbaud, e nello stesso tempo ogni suo e tuo passo viandante poetico. Sì, perché il suo abbandono della poesia ha, in realtà, sprofondato tutta la sua vita nella poesia … Due lettere, dicevo, che sono spesso la rivelazione di molte “parole” appartenenti alle “Illuminazioni”, a “Una stagione all’Inferno” ed anche ai tuoi, ai vostri scioglimenti poetici. Sottolineano comunque la tua e sua
potenziale multipla personalità e sessualità. Dice Rimbaud: “… Sogno intenso e rapido di gruppi sentimentali con esseri di ogni carattere in mezzo a ogni apparenza”.
F.B. – Arthur era un’anima gemella, un’anima bella, una fanciulla fiore, poeta maledetto, veggente, mercenario, trafficante d’armi ma sempre per sempre un poeta, perché così è stato pensato. Scrive Henry Miller: “Il futuro è tutto suo, anche se non ci fosse più futuro”.                                                                                                                            G.M.T. – Sempre un poeta! E certo non c’è differenza tra il suo scrivere in prosa e il suo scrivere poesie; forse il ‘trucco’ sta proprio nel fatto che così è stato pensato; ha desiderato e imposto che così lo pensassero, un gioco come un altro per riempire un vuoto! Lui scrive: “Il vecchiume poetico interveniva molto nella mia alchimia del verbo. Mi abituai all’allucinazione semplice … Finii col trovare sacro il disordine del mio spirito.” Il verbo, così, perde le sue regole di comunicazione “concreta”, la quotidianità stessa, evaporano nella poesia. Non riesco a pensarlo diversamente: le sue parole, anche quando “racconta”, si intrecciano in modo, per me, non sempre facilmente comprensibile, un intreccio folle? Ma la sua è una consapevole, a volte ironica e sarcastica, lucida follia;
Rimbaud è così presente a se stesso tanto da non impedirsi il regno della follia, e della veggenza. Ancora può solo giocare a render “pazze” le parole. Gli è stato negato il sognato oblio della “reale” follia.
F.B. – Arthur scardina la griglia di riferimento del pensiero della società in cui, in quel particolare momento, vive. Ma solo per frantumarsi in mille altre umanità di cui ha contemporaneamente consapevolezza. Si trova ad esistere nell’alchimia dei luoghi: “A una distanza enorme al di sopra del mio salotto sotterraneo, s’impiantano le case, si
addensano le brume. Il fango è rosso o nero. Città mostruosa, notte senza fine! Meno in alto ci sono le cloache. Ai lati, solo lo spessore del globo. Forse voragini di azzurro, pozzi di fuoco. Forse è su questi piani che si incontrano luce e comete, mari e favole. Nelle ore di amarezza immagino sfere di zaffiro, di metallo. Sono padrone del silenzio”. Molti si sono chiesti il motivo per il quale mi sono follemente innamorata e poi, follia … sposata. Semplice la risposta: “le iniziali del suo nome sono A.R.”: Mekanikos Mekanikos … A.R. non era un poeta era un ingegnere, diventato da ricercatore a ricercato, e sebbene il genio mi commuova e mi esalti, dopo un anno, un mese e un giorno, era tempo di cambiare, tempo di divorziare … Non era il mio sogno, era il suo. Io TOXICO FLOU, fanciullo evirato, fanciulla sfocata, sogno un’erezione.
G.M.T. – Difficile nelle tue parole distinguere i riferimenti ad Arthur o un “altro”. Sposata ad A.R. per l’amore di due lettere. Una analoga personalità consapevolmente multipla vi accomuna.
F.B. – Forse perché quel suo accenno al vivere concreto ora, che era allora, e che è stato scardinato dalla sua stessa azione poetica, è rimasto appiccicato a me come a lui, al di là del nostro desiderio, o proprio per questo. Amava l’alchimia come io amo la magia.
G.M.T. – Sì, forse così è avvenuto, forse così le “cose” avvengono. Sempre Arthur scrive: “… – E’ forse un’antica selvatichezza che viene perdonata? – E canta e si apposta”. E ancora: “E’ il riposo illuminato, né febbre né languore, sul letto o sul prato, E’ l’amico né ardente né debole. L’amico. E’ l’amata né tormentosa né tormentata. L’amata. L’aria e il mondo per nulla cercati. La vita. – Era dunque questo? – E il sogno rinfresca”. Non c’è un
finale d’opera, non c’è un finale dello scritto, di questo scritto, se non quello determinato dall’assenza di parole, dalla pagina bianca!
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[ … ]
Vent’anni
Le voci istruttive esiliate … L’ingenuità psichica amaramente acquietata … – Adagio – Ah!
L’egoismo infinito dell’adolescenza, l’ottimismo studioso: come il mondo era pieno di fiori
quell’estate! Motivi e forme morenti … – Un coro, per calmare l’impotenza e l’assenza! Un
coro di vetri, di melodie notturne … Infatti i nervi stanno per saltare.

Tutte le citazioni degli scritti di Arthur Rimbaud sono tratte da “Illuminazioni” e da “Una stagione all’Inferno”
(Tascabili economici Newton; Biblioteca Universale Rizzoli; Feltrinelli).                                                                             Sopra,sul titolo Ritratto di A.Rimbaud eseguito da Fausta Bonaveri –  clonARt – Qui sopra, Arthur Rimbaud in una foto di  Étienne Carjat  (dicembre 1871) e un ritratto di A.R. di F. Bonaveri , matita su carta

 

 

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