ARTE – Una mostra a Ficuzza (PA)

SOS TERRA “Se bruciamo il bosco … bruciamo il futuro” alla Reggia Borbonica

 

Il mio tempo è breve.

Scrivo, cancello, scrivo, cancello e così all’infinito.

Il fumo ha offuscato i miei pensieri e riempito i miei polmoni; la gola mi brucia. Attorno a me solo guerre e sterminio. Scrivo, cancello, scrivo e torno a cancellare. Parole vuote e banali si soffermano per un istante sul foglio digitale per essere, poco dopo, eliminate e intanto, fuori, il fuoco avanza inesorabile. Gli alberi innalzano urla silenziose, che io non intendo, e gli animali muoiono tra atroci sofferenze. Invano hanno tentato di scappare. I più lenti sono stati raggiunti (il terrore li ha colti impreparati) e la loro carne bruciata ora è già cenere. La terra ha cambiato il suo colore e, come Guernica, è diventata arida e intossicata. Cosa accade? Il Mondo mi guarda mostrandomi il suo sdegno; mi scuote e mi schiaccia senza degnarmi di parola. Io sono soltanto un piccolo pezzo di un piccolo popolo che ogni giorno lavora per la propria estinzione. Il mio tempo è breve: sono meno di un attimo nella vita del mio pianeta; io tanto presuntuosa da credermi immortale. Ogni anno milioni di ettari di bosco e di campi si accendono nel buio delle notti estive, ardono lasciando devastazione e tormenti, urla che noi non sentiamo. A chi giova tutto questo? Qualcuno lo spieghi bene al mondo perché io non lo capisco o forse non voglio neanche provare a capirlo poiché la risposta sarebbe così umiliante per il genere umano che voglio evitare di trovarla. Nel 1923 Felix Salten scriveva “Bambi: una vita nei boschi”. Sfogliando il libro (che noi conosciamo tramite l’adattamento cinematografico edulcorato di Disney) troviamo la famosa scena dell’incendio nel bosco. In realtà l’incendio di Salten è metafora della guerra che devasta ogni cosa, apice delle atrocità commesse dagli uomini. L’habitat, il rapporto con gli altri esseri viventi tutto è rimesso in discussione. La morte è un dramma collettivo che non risparmia niente e nessuno (è interessante ricordare che “Bambi”, successivamente, proprio per questa sua visione aspramente critica di ogni guerra e di ogni regime, durante la Seconda Guerra Mondiale rientrò tra i libri messi al bando dal nazismo). Tornando brevemente alla versione cinematografica, mi soffermo un istante sulla panoramica finale dell’incendio e su come Disney abbia dato forma grafica al dramma immaginando le fiamme, che si levano al cielo e avvolgono l’intero bosco, sotto forma di volti umani urlanti e deformati dall’orrore della morte. Per molti scrittori il bosco, e tutto ciò che accade in esso, è metafora dell’inconscio, della condizione umana e della società e l’incendio, o in generale la distruzione di quell’ecosistema, rappresenta la guerra e la smania di potere dell’uomo verso i suoi simili. Se Salten ci mostra le conseguenze di un incendio sul bosco e sui suoi abitanti indifesi, un altro autore, Tolkien, nel suo secondo libro de “Il signore degli anelli” gli alberi li fa vivere e ribellare alle ingiustizie e alla crudeltà umana. Egli fa marciare gli Ent (alberi viventi e “pastori” essi stessi di alberi dormienti) verso la fortezza di Isengard dove domina Saruman il bianco, colui che ha distrutto la foresta per forgiare il proprio esercito; ma noi abitiamo sulla Terra e questa non è la foresta di Fangorn. Ogni anno, bruciano milioni di ettari di bosco, di campi e contrariamente agli Ent i nostri alberi sono immobili, attaccati al suolo, e non possono ribellarsi né difendersi dalla stoltezza umana quindi tocca a noi proteggerli, a noi che a volte siamo gli stessi aguzzini. La mostra SOS TERRA “Se bruciamo il bosco bruciamo il futuro” vuole essere un breve focus pittorico sugli incendi che ogni anno devastano intere aree del nostro pianeta. Quelli “analizzati” non sono soltanto gli incendi estivi, a noi tanto familiari, poiché l’esposizione tende a “narrare” un fenomeno, purtroppo, molto più vasto e complesso che va dal piromane isolato (e spesso attrezzato) agli interessi criminali e speculativi che a volte ritroviamo dietro quella che sembrerebbe solo una “fatalità” dovuta a cause naturali e indipendenti dalla volontà umana (autocombustione). Più incendi significa meno alberi, meno biodiversità (animale e vegetale), meno ossigeno, più rischio di frane, meno vita per noi stessi etc. Le opere di Antonella Affronti, Enzo Angiuoni, Vittorio Ballato, Anna Balsamo, Gaetano Barbarotto, Liana Barbato, Giuseppe Bellomo, Alessandro Bronzini, Rosario Calì, Sebastiano Caracozzo, Aurelio Caruso, Elio Corrao, Ivana Di Pisa, Giacomo Failla, Giuseppe Gargano, Luigi Gatto, Erminia Guarino, Raffaele Iannone, Alba La Mantia, Rodolfo La Torre, Maria Pia Lo Verso, Rosalia Marchiafava, Enrico Meo, Carlo Monastra, Franco Mulas, Lorenza Parrotta, Dino Vincenzo Patroni, Massimo Piazza, Salvatore Provino, Giorgio Puleo, Patrizia Santoro, Gery Scalzo, Gianni Maria Tessari, Enzo Migneco (TOGO), Giuseppe Tuccio, Tiziana Viola Massa ci raccontano di luoghi in cui vita e morte si riscrivono continuamente. Proprio come il fuoco, nei dipinti i colori si accendono e si propagano velocemente sulla tela per poi proiettarsi verso lo spettatore. La materia cromatica si fa concreta quasi fosse resina colante. Il dio fuoco ha ipnotizzato i suoi discepoli e ora avviluppa i tronchi, arde le foglie secche, trasforma in torce vaganti animali indifesi. L’uomo, come artefice volontario o inconsapevole, è diventato assassino, si è fatto cupo mietitore, padrone di un bene non suo. Si è appropriato indegnamente di luoghi incontaminati, spesso anche “sacri”, e li ha prima profanati e poi distrutti solo per diletto o per interessi economici. Canader, forestali, vigili del fuoco si destreggiano tra interesse privato e necessità comune (sembrano dire le opere). Tronchi centenari vengono raggiunti da fumo e lapilli mentre l’uomo si fa sacerdote o vestale e piange per ciò che altri uomini hanno commesso; eppure, nonostante tanta cattiveria, tanto scempio, perfino nel caos rinasce la speranza e anche quando tutto appare perduto ecco spuntare nuovi germogli a dimostrazione che la vita sa essere più forte e tenace di ogni altra cosa al mondo. Immagini indefinite si mischiano a raffigurazioni chiare e impietose, raffigurazioni mistiche si alternano a scene di degrado quotidiano. Il Monte Pellegrino e l’Etna si uniscono al dolore di altri monti, di altri boschi e colline e campi. Nei lavori degli artisti, la favola si scontra con la realtà e il luogo della crescita e dell’inconscio di cappuccetto rosso (e del musical “Into the Woods”), si tramuta in luogo reale vittima della stupidità umana. Perdere un bosco vuol dire perdere un pezzo di quella radice che ancora ci rende parte operosa e armoniosa di un intero ecosistema che ha regole precise che non devono essere infrante, onde evitare uno squilibrio che porterebbe alla catastrofe. Alle pareti, elaborazioni digitali, foto, dipinti compongono una sinfonia dalle note squillanti seguite da cupe profondità. Nelle opere il fuoco crepita eternamente lasciando solo immaginare gli eventi che seguiranno. Unendosi alla precedente mostra sugli inquinamenti, SOS TERRA è una dichiarazione d’amore alla vita e alla nostra Terra, un modo per riflettere poiché preservare i boschi e l’ambiente è l’unico modo che abbiamo per garantire un futuro alle generazioni venture.

VINNY SCORSONE

(Testo in catalogo della mostra: SOS TERRA “Se bruciamo il bosco … bruciamo il futuro” – Reggia Borbonica di Ficuzza (PA) – A cura di Francesco M.Scorsone e Vincenzo Viscardi – lug/set 2022) – info@studio71.it – www.studio71.it – f.carboneistituzione@libero.it – vinniscorsone@alice.it

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