NOSTRA INTERVISTA – Luigi Spagnol

L’autore di “Cominciò con la nebbia e le rane” edito da Manuzio Società Editrice racconta se stesso e i suoi personaggi stralunati. “La vita può essere folle e tenera ma anche terribile”

 

L’anima dei film, delle fiction e di tutto quello che va in scena, se non improvvisato, è senza dubbio l’Autore o chi scrive i dialoghi, lo sceneggiatore, del quale capita che ci si dimentichi, o comunque non si riesce a metterne abbastanza a fuoco l’immagine “vera”, passando con la mente direttamente alle immagini e all’azione, quindi agli interpreti. Ma ovviamente il dato di fatto è che “dietro” c’è una scrittura che solitamente dura mesi, un vero impegno, un lavoro solerte. Oggi parliamo di un libro edito da Manuzio Società Editrice (www.manuzio.it), scritto da Luigi Spagnol, scrittore appunto (sei romanzi al suo attivo) e sceneggiatore di cinema e televisione, con circa centocinquanta ore di fiction scritte sia da solo che con colleghi. Qualche titolo? “Caterina e le sue figlie”, “La Sacra Famiglia”, “Linda e il brigadiere”, “Il bello delle donne”, “Carabinieri”, tanto per dire. Perché Spagnol è anche autore teatrale (quattro testi rappresentati), autore per la radio, per il cinema, e ha lavorato con nomi importanti come i registi Luigi Magni, Franco Giraldi, Carlo Lizzani, e gli sceneggiatori Ugo Pirro, Tullio Pinelli, Rodolfo Sonego e Massimo De Rita. Per il cinema, Spagnol ha inoltre diretto “Schiuma d’onda”, premiato al 58.mo Festival Internazionale del Cinema di Salerno, “Dopo la metamorfosi” e “Di sangue e acqua”. “Cominciò con la nebbia e le rane”, che ha da poco pubblicato con la società editrice Manuzio, è un delizioso romanzo dove il Veneto, sua terra natìa (Bassano del Grappa, ndr) spicca in tutte le sue innumerevoli sfumature e colorite espressioni, un sano e divertito, divertente libro con al centro due personaggi un po’ stralunati e controcorrente, Tarcisio e Lucia, un anarchico d’altri tempi e una perpetua poi diventata locandiera. Partiamo da qui per fargli qualche domanda, sul romanzo e sulle sue visioni della vita (e perchè no, del Veneto).
Spagnol, intanto ben trovato, e benvenuto tra le nostre pagine, e grazie per l’intervista concessa. Che differenza trova tra scrivere per la tv o il cinema, e un libro?
“La scrittura, nella narrativa, è fondamentale. Le sceneggiature spesso sono scritte in modo approssimativo, suggeriscono quello che si potrà vedere, dicono quello che si dovrà sentire. I registi più estrosi un tempo si portavano dietro dei canovacci-zibaldoni che potevano consultare soltanto loro e che quotidianamente si nutrivano degli umori del set; oggi questo cinema “impavido” sarebbe impensabile. Nel mondo delle serie televisive, tutte rigorosamente pianificate, lo sceneggiatore è considerato come un operaio specializzato al servizio della produzione e del “prodotto”. Le sceneggiature degli autori affermati godono di un maggiore rispetto. Fra le poche che hanno anche dignità letteraria ci sono sicuramente quelle che Pasolini ha scritto per i suoi film”.
Ha ambientato “Cominciò con la nebbia e le rane” in Veneto, sua terra natìa. Che ricordi ha della sua
infanzia? E che cosa trova ancora oggi di quelle atmosfere?
“L ’acqua, la nebbia, le rane, le chiese di paese con i loro preti pronti a resistere all’invasione dei bolscevichi come, nel romanzo di Buzzati, la guarnigione della Fortezza Bastiani all’assalto dei Tartari, temuto e insieme agognato, sono tutti ricordi della mia infanzia. Ma il Veneto contadino e democristiano della fine degli anni Cinquanta non era molto diverso dal resto dell’Italia del nord, il clima era più o meno lo stesso. Ho immaginato il mondo di don Camillo senza don Camillo; il paesaggio e certi personaggi ruspanti possono ricordare quelli di Guareschi, cambia lo spirito, che nel mio romanzo non è conciliante ma scanzonato e ribaldo”.
Questa storia raccontata da cosa trae origine? Sono ricordi veri o sensazioni di un mondo visionario?
“Alcune delle vicende che entrano nei racconti e nella memoria di protagonisti sono almeno in parte vere. Storie insolite e un po’ folli, tenere e terribili come è di frequente la vita”.                                                                          Per i personaggi si è ispirato a qualcuno di sua conoscenza?
“Tanti anni fa, a Venezia, in un’osteria del ghetto vecchio, ho conosciuto una signora anziana, molto simpatica e vitale, credo anche molto ubriaca, che probabilmente mi ha ispirato il personaggio di Lucia. Ricordo poco di quello che mi ha raccontato di sé, perché ero piuttosto brillo anch’io, ma in seguito ho ripensato spesso a lei. Comunque per costruire un personaggio non c’è bisogno di incontri travolgenti e lunghe gestazioni, possono bastare una faccia, uno sguardo, un accento, anche una impressione sbagliata”.
Come si colloca questo romanzo, e a chi lei lo consiglierebbe soprattutto?
Per me è soprattutto la storia di un amore balordo raccontato con i toni della commedia. Forse non piacerà ai fautori degli amori omologati e ai fanatici del “politicamente corretto”. Lo consiglio a tutti gli altri, credo che si divertiranno”.                                                                                                                                                       Volendo coniare uno slogan perfetto per il libro, cosa scriverebbe?
“Una passione lunga un secolo, dal Veneto fascista a quello leghista: tutto cambia ma non loro, l’anarchico
e l’ostessa”
Lei da anni lavora per cinema, tv, radio. Si sente più cittadino del mondo o la radice della sua terra veneta è
ancora molto presente?
“Nessuno dei miei più illustri corregionali è mai riuscito a staccarsi completamente dal Veneto. Penso a Parise, Comisso, Camon, Meneghello, Buzzati ma anche a grandi sceneggiatori come Sonego e Vincenzoni: chi non è tornato per viverci, non ha mai smesso di ricordarlo e raccontarlo, magari con affettuosa ironia, nelle proprie opere. Per i miei personaggi è qualcosa di simile alla condizione umana: un posto né bello né brutto da cui non puoi scappare. O semplicemente non vuoi. Nei suoi sogni Tarcisio si ritrova sempre nella carrozza di un treno fermo in un binario morto, un treno che forse non è mai partito e mai partirà. Credo renda l’idea. Non bisogna necessariamente amarlo, il Veneto, per sentirselo dentro come una parte di sé”.
Tarcisio e Lucia, e tutti gli altri personaggi del libro sono a loro modo “particolari”, un po’ anomali. Ha in mente qualche aneddoto riguardo la nascita degli stessi, le prime idee avute?
Cominciò con la nebbia e le rane” è anche una sceneggiatura premiata e un testo teatrale. I personaggi, gli stessi per tutte e tre le versioni, esistevano già prima che pensassi alla trama e scegliessi il tono. Non è stato difficile trovarli nelle vecchie osterie e in tutti quegli angoli di Veneto dove poco è cambiato dal secolo scorso. Non sono fantasmi, sono lì che aspettano impazienti di raccontare la loro storia.
Ha qualche presentazione del libro in programma, adesso che abbiamo incuriosito i lettori? 
“Lo presenteremo presto a Bassano e a Castelfranco”. 

Non ci resta allora che stare tutti attenti alle programmazioni degli incontri nelle librerie, sia a Bassano che a Castelfranco Veneto, così da incontrare l’autore di questo divertente e appassionato libro, “Cominciò con la nebbia e le rane”, che ricordiamo pubblicato da Manuzio Società Editrice di cui consigliamo leggere il manifesto d’intento, proprio sul loro sito. Realtà editoriali contemporanee da seguire, a nostro parere.

intervista raccolta da FRANCESCO BETTIN

sopra, e qui sotto, due ritratti di Luigi Spagnol, e la copertina di “Cominciò con la nebbia e le rane”, il suo ultimo libro edito da Manuzio Società Editrice

   

 

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